Secondo il docente di Berkeley la Bce e la Fed "oggi non vogliono sentir parlare di salari minimi" perché per contenere l'inflazione puntano a "tener fermi gli stipendi e ridurre i consumi". Per uscire da questa impasse, suggerisce, servono "un negoziato tra Russia e Ucraina e un allentamento delle politiche anti-Covid in Cina che stanno strozzando le catene globali"
Le strette sui tassi di interesse varate da tutte le banche centrali per contenere l’inflazione puntano a “tener fermi gli stipendi e ridurre i consumi“. Perché “recessione e perdita di potere d’acquisto” sono l’unico modo che conoscono per raffreddare i prezzi. In questo quadro, in Italia “la riduzione dei salari reali sarà concreta, tra il 2 e il 5%” e “la disoccupazione salirà al 10%”. A prevederlo è David Card, premio Nobel per l’Economia nel 2021 per i suoi studi sulla correlazione tra salario minimo e occupazione, intervistato dalla Stampa nel giorno i cui ha partecipato a un workshop all’Inps. “Mi auguro che i governi non tocchino le reti di sicurezza dei cittadini, dal salario minimo alle diverse forme di sostegno al reddito. Sono misure fondamentali per tutelare i lavoratori”, è la conclusione dell’economista.
“Non conosco nel dettaglio le proposte del governo”, premette il docente di Berkeley, ma “i redditi universali devono essere modulati in modo da essere un incentivo e non un disincentivo al lavoro. Serve un’imposta negativa sui redditi premiale per chi lavora e punitiva per i comportamenti parassitari. Più che i governi, però, sono le banche centrali a non volere strumenti del genere”, sostiene. Che cosa vogliono, allora? “Recessione e perdita di potere d’acquisto”, appunto. “E’ l’unico modo in cui possono sperare di riportare l’inflazione sotto controllo. Fed e Bce sono convinte di non aver altra scelta. D’altra parte si muovono solo sulla base di aspettative future. E nonostante ripetano in continuazione di voler evitare una recessione, fanno di tutto per portarci in una recessione profonda. Non sarà forse dura come quella del 1980, ma non sarà semplice”. Quanti altri rialzi dei tassi ci saranno? “Non si fermeranno fino a quando salari e prezzi saliranno meno del 2,5%. D’altra parte il rialzo del tassi serve a tenere fermi i salari per raffreddare i prezzi. Anche per questo le banche centrali, oggi, non vogliono sentir parlare di salari minimi. Eppure per i lavoratori sono importanti”.
L’economista spiega che la situazione “è davvero inusuale. Da un lato siamo stati travolti da uno choc sulle catene di approvvigionamento, le materie prime sono schizzate alle stelle e così l’energia. Inoltre, sull’Europa, pesa anche il calo dell’euro nei confronti del dollaro che riduce ulteriormente il potere d’acquisto dei consumatori”. In questo quadro una nuova crisi dei subprime non è improbabile: “Prestiti e mutui saranno più onerosi e tutti i settori che dipendendo in qualche modo dal credito, a cominciare dall’automotive, soffriranno. E con più disoccupati, tanti debiti diventeranno meno sostenibili”. Come uscire da questa impasse? “Un negoziato tra Russia e Ucraina e un allentamento delle politiche anti-Covid in Cina che stanno strozzando le catene globali”. Quanto alla stretta sui migranti ventilata dal governo italiano, “l’ostilità non ha alcun legame con l’economia. Non sono una minaccia per il lavoro e per i salari. E’ solo una questione cultura, prova ne è il fatto che le aree con minor immigrazione siano tradizionalmente le più razziste“.