Forse a Pillon conveniva porgere l’altra guancia. L’ex senatore, candidato ma non rieletto, è tornato al centro delle cronache per via delle raccomandate che sta facendo recapitare dai suoi legali a mezza Italia con richieste di risarcimento danni da 6 a 20 mila euro a chi aveva offeso la sua “illibata reputazione” sui social. Lettere-fotocopia che in questi giorni stanno ricevendo tantissimi cittadini. Ebbene, si scopre ora che non è il primo a percorrere questa via, ma soprattutto che rischia di essere una via crucis per lui. Perché alcuni avvocati che si sono trovati a difendere i destinatari di quelle richieste, hanno deciso che la misura è colma e si accingono a segnalarlo alla Procura della Repubblica di Milano mediante un esposto/querela, stavolta vero, per i reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e estorsione, a seconda di come deciderà l’Autorità Giudiziaria.
Patrizia Bissi e Luca Zendali, del Foro di Milano, con la collaborazione della signora Renata Girardi che si è impegnata a raccogliere per mesi tutte le segnalazioni e le richieste di aiuto di persone disperate, rivelano particolari inediti su una vicenda ben più complessa e grave di come possa sembrare o viene raccontata. “Inizio col dirle che ieri mi ha chiamato una signora di 75 anni che ha aperto una di quelle lettere, quando l’ha letta la pressione le è schizzata a 240 ed è stata ricoverata in pronto soccorso. Ma sono sei mesi che seguo questa sorta di class action al contrario, in cui ex senatori e deputati appartenenti alla Lega, con il supporto di un avvocato civilista di Modena, utilizzano la paura e la minaccia di un procedimento penale per ottenere denaro da cittadini ignari della legge e delle procedure, che si lasciano spaventare”.
Bissi e Zendali hanno in mano le prime lettere in questione che sono a nome dell’ex senatore leghista Stefano Lucidi. “La storia è iniziata circa un anno fa. Lucidi è stato il primo a tentare di ottenere un profitto andando a ripescare a ritroso post offensivi da poter monetizzare. A un certo punto abbiamo fatto chiamare la segretaria del suo avvocato, ci ha candidamente detto che lo studio aveva già spedito 680 lettere. Apprendiamo oggi da voi che lo Studio Legale Virgili è lo stesso che ora le manda, identiche, anche nome di Pillon; ma sono deformazioni giuridiche destinate al cestino che configurano pienamente un grave atto illecito”.
E spiegano perché. “Pillon è un avvocato, quindi dovrebbe sapere che come minimo si tratta di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”, ma a nostro parere potrebbe configurarsi anche il più grave reato di estorsione. Il fine di trarre profitto è chiaro. Altrettanto il male ingiusto prospettato (elemento essenziale della estorsione)”. In cosa consiste il “male ingiusto”? “Le persone cui si rivolge solitamente sono impreparate e rimangono atterrite dagli elementi confusori della lettera, dalla prospettazione di un Tribunale Penale, di un processo costoso, la fedina penale sporca eccetera: a nostro giudizio si tratta perlopiù di persone fragili, accuratamente individuate”. In secondo luogo, “la raccomandata prospetta un pagamento, ove immediato, di 6mila euro ma se ritardato, scatterebbe una maggiorazione fino al 200%, per altro in un periodo storico in cui gli interessi legali sono nulli o poco più.. Il ricevente, terrorizzato, si affretta a chiedere soldi in famiglia o alla banca. C’è chi ha chiesto mutui e finanziamenti perché le persone si spaventano, assimilano automaticamente la denuncia al carcere. Non sanno che per diffamazione nessuno finisce in prigione e, soprattutto, non sanno distinguere una lettera raccomandata da un atto giudiziale”. Ognuno ha diritto ad un processo equo e libero: per questo motivo viene sanzionato il “farsi giustizia da sé”.
Da cos’altro ricavate che le pretese siano ingiuste? “Fin dal titolo della comunicazione: Risarcimento danni per diffamazione aggravata. Anche un neolaureato in giurisprudenza sa che le aggravanti e le attenuanti del caso non le decide l’avvocato ma un magistrato. Peraltro si tratta perlopiù di ingiurie (parolacce) che sono depenalizzate dal 2016. Vengono poi citate sentenze civili spacciandole per penali, così come le tabelle edittali: la diffamazione ha un massimo edittale, come multa, da 288 a 500 euro. Anche l’avvertimento della prescrizione in cinque anni è un dato volutamente falsato perché attiene al risarcimento del danno in sede civile. Ma nelle lettere si parla di una querela, il cui termine di deposito è novanta giorni dal fatto. Allora ricorrono all’espediente del “ritrovamento occasionale”, fingono cioè di aver scoperto i commenti dall’oggi al domani, ma sono mesi che pescano le potenziali vittime dallo stesso post. Ma è una mossa poco accorta: se ti accorgi oggi, che danno puoi avere ricevuto senza accorgertene?”.
Il punto, secondo l’avvocato, è che pensano di avere trovato il modo di “monetizzare” la paura delle persone: “Moltiplicate anche solo 1000 euro per 680. Peraltro il risarcimento danni è l’unico titolo risarcitorio esentasse, che non richiede fattura e non risulta da nessuna parte. Volendo, è tutto non soggetto a tassazione che entra. Non a caso al termine dell’originale “percorso transattivo” ai nostri clienti l’avvocato richiedeva anche la sottoscrizione di un “impegno alla riservatezza” quale ulteriore condizione per non proporre la querela: è evidente che si voleva che la cosa non si sapesse”.
“La persona ingenua in buona fede che riceve la lettera si spaventa, non può certo sapere che ogni danno prospettato deve essere assolutamente provato e non solo ventilato. E con una connessione causa-effetto comprovata in maniera inequivocabile da certificazione clinica. Cosa ormai indimostrabile, peraltro, visto il tempo passato. Qui c’è solo il tentativo di terrorizzare le persone e di fargli passare la paura dietro monetizzazione. A casa mia si tratta di un atto fortemente censurato dall’ordinamento. Infine, un’operazione architettata male proprio sul fronte del diritto. “Vuole un altro esempio? Qui si lamenta per centinaia di volte lo stesso danno per i commenti allo stesso post, ma vige il principio dell’unicità del danno e del relativo risarcimento, per cui al massimo dimostri di averlo patito, lo documenti, e lo dividi per gli asseriti diffamatori. Ma non è che da ciascuno lo fai valere per intero, posto che ci sia. Non lo dico io, ma la Cassazione. Perché diversamente si può sostenere che in realtà non stai chiedendo il risarcimento di un danno”.
Per parte sua, l’avvocato Giorgio Virgili, contattato da ilfattoquotidiano.it, contesta l’accusa, sostenendo che le richieste di risarcimento danni sono legittime e corroborate da criteri giurisprudenziali corretti e precedenti. Anzi, nessuna procura di cui ha conoscenza ha mai azzardato estorsione. “Siamo certi di aver seguito la legge – ha commentato Virgili – ma questo caso fa clamore solo perché c’è di mezzo Pillon”.