Sui migranti “l’Italia, questo governo, non può fare nulla senza l’accordo con l’Europa, la responsabilità è europea”. Sul volo che lo ha riportato a Roma dal Bahrein, Papa Francesco ha risposto alle domande della consueta conferenza stampa ad alta quota. Il tema principale è stato quello dei migranti, mentre nel porto di Catania sono iniziate le procedure di sbarco di donne e bambini dalla nave Geo Barents (Medici senza frontiere). “È una sfida, – ha sottolineato Bergoglio – è una sfida. Sui migranti, il principio: i migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati, se non si possono fare questi quattro passi, il lavoro con i migranti non riesce ad essere buono. Accolti, accompagnati, promossi e integrati, arrivare fino all’integrazione. E seconda cosa che dico: ogni governo dell’Unione europea deve mettersi d’accordo su quanti migranti può ricevere. Al contrario sono quattro i Paesi che ricevono i migranti: Cipro, la Grecia, l’Italia e la Spagna, che sono quelli più vicini al Mediterraneo, nell’entroterra ce ne sono alcuni, come la Polonia, la Bielorussia… ma parlando dei grandi migranti del mare: la vita va salvata. Oggi tu lo sai che il Mediterraneo è un cimitero? Forse il cimitero più grande del mondo”.

Francesco, inoltre, ha ribadito che “la politica dei migranti va concordata fra tutti i Paesi, non si può fare una politica senza consenso, e l’Unione europea deve prendere in mano una politica di collaborazione e di aiuto, non può lasciare a Cipro la Grecia, l’Italia e la Spagna, la responsabilità di tutti i migranti che arrivano alle spiagge. La politica dei governi fino a questo momento è stata di salvare le vite, questo è vero. Fino ad un certo punto si è fatto così e credo che questo governo italiano abbia la stessa politica… i dettagli non li conosco, ma non penso che voglia andarsene via, ma io credo che ha fatto sbarcare già i bambini, le mamme, i malati, per quello che ho sentito, almeno l’intenzione c’era”.

“Vorrei citare – ha aggiunto Bergoglio – un’altra responsabilità europea sull’Africa, credo che questo lo ha detto una delle grandi donne statiste che abbiamo avuto e abbiamo, la Merkel, ha detto che il problema dei migranti va risolto in Africa, ma se pensiamo l’Africa con il motto: l’Africa va sfruttata, è logico che i migranti, la gente scappi da quel frutto. Dobbiamo, l’Europa deve cercare di fare dei piani di sviluppo per l’Africa. Pensare che alcuni Paesi in Africa non sono padroni del proprio sottosuolo, che ancora dipende dalle potenze colonialiste. È un’ipocrisia risolvere il problema dei migranti in Europa, no andiamo a risolverli anche a casa loro. Lo sfruttamento della gente in Africa è terribile per questa concezione. Il primo gennaio ho avuto un incontro con studenti universitari dell’Africa. L’incontro è lo stesso che ho avuto con l’università Loyola degli Stati Uniti. Quegli studenti hanno una capacità, un’intelligenza, una criticità, una voglia di portare avanti, ma delle volte non possono per la forza colonialista che ha l’Europa nei loro governi. Se noi vogliamo risolvere il problema dei migranti definitivamente, risolviamo l’Africa. I migranti che vengono da altre parti sono minori, sono di meno, ma abbiamo l’Africa, aiutiamo l’Africa”.

Dal Papa anche un primo commento all’esecutivo guidato da Giorgia Meloni: “Il nuovo governo incomincia adesso, io sono qui: gli auguro il meglio. Io sempre auguro il meglio ad un governo perché il governo è per tutti e gli auguro il meglio perché possa portare l’Italia avanti e a tutti gli altri che sono contrari al partito vincitore che collaborino con la criticità, con l’aiuto, ma un governo di collaborazione, non un governo dove ti muovono il viso, ti fanno cadere se non ti piace una cosa o l’altra. Per favore io su questo chiamo alla responsabilità. Dimmi è giusto che dall’inizio del secolo fino ad ora l’Italia abbia avuto 20 governi? Finiamola con questi scherzi…”. La premier in serata con una nota ha risposto: “Ascoltiamo sempre con grande attenzione le parole del Santo Padre che sono un perenne monito alla saggezza e alla carità. E lo vogliamo ringraziare sentitamente per il suo incoraggiamento e soprattutto per il suo invito alla concordia nazionale e internazionale. Le grandi sfide che abbiamo davanti non si possono vincere se non unendo gli sforzi di tutti gli uomini e le donne di buona volontà”.

Parole importanti quelle del pontefice anche sui diritti delle donne, rivendicando la recente nomina dell’economista Mariana Mazzucato come membro ordinario della Pontificia Accademia per la vita. La scelta, infatti, aveva suscitato numerose critiche negli ambienti tradizionalisti che hanno accusato la donna di essere abortista. Francesco, inoltre, ha rinnovato il suo appello per la pace in Ucraina: “In un secolo, tre guerre mondiali! Quella del 1914-1918, quella del 1939-1945, e questa! Questa è una guerra mondiale, perché è vero che quando gli imperi, sia da una parte che dall’altra, si indeboliscono, hanno bisogno di fare una guerra per sentirsi forti e anche per vendere le armi eh! Perché oggi credo che la calamità più grande che c’è nel mondo è l’industria delle armi. Per favore! Mi hanno detto, non so se è vero o no, che se per un anno non si facessero le armi, si metterebbe fine alla fame nel mondo. L’industria delle armi è terribile”.

Infine, il tema della pedofilia. “Il problema degli abusi – ha spiegato il Papa – sempre c’è stato, non solo nella Chiesa ma dappertutto. Voi sapete che il 42-46% degli abusi sessuali si fa in famiglia o nel quartiere; questo è gravissimo, ma sempre l’abitudine è stata quella di coprire, in famiglia ancora oggi si copre tutto, e anche nel quartiere si copre tutto o almeno la maggioranza dei casi; un’abitudine brutta che nella Chiesa è cominciata a cambiare quando c’è stato lo scandalo di Boston ai tempi del cardinale Law che, a causa dello scandalo, ha dato le dimissioni; fu la prima volta che un caso di abusi uscì come scandalo. Da allora la Chiesa ha preso conoscenza di questo e ha cominciato a lavorare, mentre nella società e in altre istituzioni normalmente si copre. Quando c’è stato l’incontro dei presidenti delle conferenze episcopali su questo tema ho chiesto all’Unicef, all’Onu, le statistiche di questo fenomeno, i dati percentuali: nelle famiglie, nei quartieri, nelle scuole, nello sport.. ed è stato fatto uno studio accurato che ricomprendeva anche la Chiesa; e qualcuno dice che noi siamo una piccola minoranza, ma io dico se fosse anche un solo caso sarebbe comunque tragico, perché tu sacerdote hai la vocazione di far crescere la gente e comportandoti così invece la distruggi; per un sacerdote l’abuso è come andare contro la propria natura sacerdotale e contro la propria natura sociale, per questo è una cosa tragica e non dobbiamo fermarci, non dobbiamo fermarci”.

“In questo – ha proseguito Francesco – svegliarsi, fare delle indagini e muovere le accuse, non sempre e dovunque è stato tutto uguale, alcune cose sono state nascoste, prima dello scandalo di Boston si cambiava la gente si spostavano i sacerdoti, adesso è tutto chiaro e stiamo andando avanti su questo punto, per questo non dobbiamo stupirci che vengano fuori casi come questo, ora mi viene in mente un altro caso di un altro vescovo, ce ne sono sai? E ora non è facile dire ‘noi non lo sapevamo’ o ‘era la cultura dell’epoca e continua ad essere la cultura sociale quella di nascondere’. Ti dico questo: la Chiesa su questo è decisa e voglio ringraziare pubblicamente qui l’eroicità del cardinale O’Malley, un bravo frate cappuccino, che ha intuito il bisogno di istituzionalizzare questo con la Pontificia Commissione per la tutela dei minori che sta portando avanti e questo ci fa bene a tutti quanti e ci dà coraggio. Stiamo lavorando – ha concluso il Papa – con tutto quello che possiamo ma sappi che ci sono persone dentro la Chiesa che ancora non vedono chiaro, non condividono… è un processo quello che stiamo facendo e lo stiamo portando avanti con coraggio e non tutti abbiamo coraggio; delle volte c’è la tentazione dei compromessi, e siamo anche tutti schiavi dei nostri peccati ma la volontà della Chiesa è di chiarire tutto”.

Twitter: @FrancescoGrana

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