All'ultima gara il torinese chiude nono: tanto basta per il titolo, che si è conquistato con un'incredibile rimonta da -91 punti in classifica. E' una vittoria che apre una nuova era per l'Italia delle due ruote. Il vero fattore è stata la Rossa di Borgo Panigale: la moto migliore della stagione, che aveva solo bisogno di un pilota in grado di portarla al successo
Pecco Bagnaia è il nuovo campione del mondo della MotoGp. Tredici anni dopo Valentino Rossi, l’Italia torna a riassaporare il gusto del trionfo nella classe regina delle moto. È un doppio successo: per la prima volta, infatti, un pilota italiano vince in sella alla Ducati. Il titolo iridato di Bagnaia segna uno spartiacque, che riannoda la tradizione all’innovazione: dopo gli anni del dominio Marquez, la parentesi di Mir e l’affermazione di Quartararo, l’Italia delle due ruote torna a gioire grazie a un allievo di Rossi. Un seguace del Dottore, eppure così diverso dal suo maestro: riservato, timido, meditativo. Bagnaia mostra al mondo il suo talento proprio l’anno dopo il ritiro di Valentino, come se l’addio definitivo di Rossi abbia finalmente lasciato spazio alle nuove generazioni, che lui stesso ha coltivato. Bagnaia è il simbolo di questo processo, che si compie 13 anni dopo l’ultimo titolo del Dottore. È iniziata una nuova era, che i vari Bastianini (ha chiuso terzo nel Mondiale), Bezzecchi e Morbidelli potranno provare a portare avanti.
Nel celebrare Bagnaia, non si può però non citare la Ducati, l’artefice materiale del successo. La casa di Borgo Panigale ha consegnato al suo pilota di punta una moto praticamente perfetta, sicuramente e di gran lunga la più forte. Alla nota velocità sul dritto, la Rossa ha abbinato un’inedita guidabilità e una certa dolcezza nell’erogazione che hanno permesso a tutti i Ducatisti in pista di essere competitivi praticamente su tutti i circuiti, senza pagare il degrado gomme che molto spesso è stato un fattore (per gli altri). La Ducati aveva solo bisogno di un pilota che avesse la solidità per portarla al trionfo, come dimostra la classifica Costruttori, vinta dalla Rossa già nel 2020 e nel 2021. Bagnaia è stato una scelta coraggiosa, ma alla fine vincente: è lui l’erede di Casey Stoner, l’unico che finora era riuscito a vincere il titolo in sella alla Ducati, nel lontano 2007.
L’ultima gara – All’ultima gara Bagnaia ha mostrato tutto il peso delle aspettative e della tensione. Ha chiuso nono, gli bastava arrivare 14esimo per essere sicuro di restare davanti a Quartararo in classifica e scrivere la storia. Il francese della Yamaha non è nemmeno riuscito a vincere, nonostante un tentativo di rimonta encomiabile. A Valencia la gara l’ha vinta Rins, chiudendo nel mondo più beffardo l’ultima stagione in MotoGp della Suzuki. Sul podio Binder (Ktm) e Martin (Ducati), poi Quartararo. Il ritiro di Espargarò e il pessimo finale di stagione dell’Aprilia hanno anche permesso a Bastianini di chiudere terzo nella classifica mondiale. Un pessimo segnale per la MotoGp nel suo complesso: oltre la Ducati, serve altro. Una Yamaha di nuovo al top, una Honda che torni competitiva, un’Aprilia che faccia un’ulteriore step in avanti, una Ktm più costante.
La stagione – Bagnaia invece va celebrato soprattutto per come ha guidato da metà stagione in avanti, quando tutto sembrava perduto. La sua corsa al titolo è partita dalla sabbia del Sachsenring: dopo quella caduta era distante 91 punti dal francese della Yamaha, che sembrava involarsi verso il secondo titolo consecutivo. Il torinese è ripartito dai punti saldi. La tecnica di guida in pista, la famiglia fuori: la sorella Carola Bagnaia sempre presente, la fidanzata Domizia Castagnini quasi. Sono arrivate quattro vittorie di fila. I 100 punti che hanno riscritto la trama della stagione. Bagnaia non ha più sbagliato, tranne in Giappone. Altri tre podi, poi un’altra vittoria, la settima complessiva della stagione.