Gli americani chiamati a votare per il rinnovo della Camera e di un terzo del Senato. In ogni modo è chiaro che, anche con un solo ramo del Congresso in mano repubblicana, l’agenda del presidente risulterà ancor più lenta e inefficace di quanto non sia stata sinora
Tutti i sondaggi delle ultime settimane mostrano che in queste elezioni di midterm i repubblicani riusciranno a riprendersi la Camera, mentre l’esito dello scontro per Senato e governatori appare meno certo. Ai repubblicani bastano cinque seggi per diventare maggioranza alla Camera. C’è però chi ipotizza che per i democratici la sconfitta potrebbe essere ancora più ampia: alla fine, almeno venti seggi potrebbero passare ai repubblicani. Se la Camera diventasse repubblicana, è certo che partiranno una serie di indagini parlamentari sui temi più vari: dalla pandemia alla gestione di Merrick Garland del Dipartimento alla Giustizia. Con il Senato in mano repubblicana, Biden avrà invece molti più problemi a far passare le sue nomine per le corti federali. In ogni modo è chiaro che, anche con un solo ramo del Congresso in mano repubblicana, l’agenda di Joe Biden risulterà ancor più lenta e inefficace di quanto non sia stata sinora.
Senato – È la battaglia di cui è più difficile prevedere l’esito. Ci sono almeno otto seggi per il Senato in cui la distanza tra i candidati, nei sondaggi, è al di sotto dei cinque punti percentuali. La sfida più problematica, per i democratici, è quella in Nevada tra la senatrice uscente Catherine Cortez Masto e lo sfidante repubblicano Adam Laxalt, un trumpiano di ferro che spera di beneficiare delle difficoltà che la maggiore industria delle Stato, il turismo, ha registrato in tempi di Covid. Per i democratici la speranza è una: che gli ispanici vadano in massa a votare per la prima senatrice latina della storia USA.
Altra sfida importante è quella della Georgia, dove si affrontano il senatore democratico uscente, e primo nero a rappresentare lo Stato, il reverendo Raphael Warnock, e la ex star del football Herschel Walker. I democratici sperano che Walker sia travolto dalle parole della ex fidanzata, che lo accusa di averle pagato un aborto (intanto Walker, in omaggio alla sua nuova fede repubblicana, è diventato un convinto anti-abortista). Da tenere sotto osservazione le sfide in Arizona e New Hampshire, dove i senatori democratici uscenti, Mark Kelly e Maggie Hassan, appaiono in difficoltà; e quella in Ohio, dove è invece un repubblicano, J. D. Vance, a mostrare segni di cedimento in uno Stato che peraltro i repubblicani controllano da anni. Il suo rivale, Tim Ryan, sta conducendo una campagna scatenata e indipendente e ha coniato per Vance una definizione fulminante: “baciaculo di Trump”.
È in Wisconsin lo scontro più pericoloso per i repubblicani. A rischiare è il senatore uscente Ron Johnson, autore di una proposta che non è piaciuta a molti tra i suoi stessi elettori. Johnson vuole che il Medicare e i sussidi sociali vengano riautorizzati ogni anno. Alla fine dovrebbe però farcela. Il suo avversario, l’afro-americano Mandela Barnes, è sotto attacco per essere troppo “debole sul crimine”. Un’accusa che, a questo giro elettorale, funziona splendidamente. La sfida principe per il Senato è comunque quella della Pennsylvania, dove i partiti hanno investito oltre 300 milioni di dollari. Qui si affrontano un celebre chirurgo, star TV, trumpiano di ferro, il dottor Mehmet Oz, e il democratico John Fetterman, colpito recentemente da un infarto di cui, nel dibattito TV precedente il voto, ha mostrato segni molto chiari. È la sfida più importante per il ruolo che la Pennsylvania ha avuto nelle riconta dei voti alle presidenziali 2020, per il suo essere uno swing state, per il tema della disabilità in politica che la candidatura di Fetterman fa emergere.
Camera – Qui il lavoro, per i repubblicani, dovrebbe essere più semplice. Prezzi, crimine, qualche altra questione a livello locale hanno dato slancio alla campagna del G.O.P. Sono, complessivamente, 39 i seggi che i democratici difendono con maggiore o minore difficoltà l’8 novembre. C’è, in questo, un segnale interessante. I democratici appaiono in difficoltà proprio in Stati – New York, California, Oregon, Connecticut, Rhode Island – che da sempre sono solidi baluardi progressisti. Quest’anno non è più così. Rischia a New York Sean Patrick Maloney, storico collaboratore di Bill Clinton, uno dei democratici più influenti del Congresso; nel suo distretto elettorale, nel 2020, Biden aveva vinto con 10 punti di vantaggio. Rischia in California Julia Brownley; anche in questo caso, nel suo distretto, Biden aveva vinto con un vantaggio di 20 punti. Ma, fatto clamoroso, rischia di finire in mano repubblicana il Quinto Distretto del Connecticut, da decenni un bastione democratico. È ancora una volta la questione criminalità che spinge i democratici verso il basso. Il risultato è però per molti versi storico. L’8 novembre potrebbero aprirsi ampi varchi nel “blue wall”, il muro che i democratici sono riusciti a costruire facendo eleggere i propri candidati in buona parte della East Coast. Il “muro democratico” non sembra sul punto di venir giù, ma presenta crepe non indifferenti.