Neanche questa volta la schiavitù è stata completamente abolita negli Stati Uniti. Le elezioni di midterm americane non sono servite solo per rinnovare la Camera, un terzo del Senato, i governatori di 36 Stati su 50 e numerose cariche locali. I cittadini statunitensi, l’8 novembre, hanno votato anche per alcuni referendum. Tra questi, a 157 anni dalla ratifica del 13esimo emendamento di Abraham Lincoln, ce n’era uno sull’abolizione della schiavitù. La Costituzione di Alabama, Louisiana, Oregon, Tennessee e Vermont, infatti, permetteva ancora, nel 2022, che tra le possibili pene imposte a chi commette determinati reati ci fossero i lavori forzati: senza compenso, diritti, tutele sindacali e sotto ricatto. I risultati dicono che in quattro Stati gli elettori hanno scelto di eliminare dai testi il linguaggio che permetteva questa eccezione al 13esimo emendamento del 1865. In Louisiana no: con il 60,9% dei voti contrari, il referendum è stato bocciato.

Fino all’8 novembre, negli Stati Uniti erano ottocentomila i detenuti sottoposti ai lavori forzati. I carcerati che si rifiutano di sottostare a queste condizioni vengono puniti, messi in isolamento o perdono la possibilità di avere la pena ridotta per buona condotta. Nel 2002, davanti alla Corte Suprema è stato discusso il caso di un detenuto dell’Alabama che era rimasto legato a un palo sotto il sole per sette ore. Questo perché si rifiutava di essere occupato nella ‘chain gang‘: i prigionieri, legati a un’unica catena, nelle loro divise a righe, lavorano sui cigli delle strade, nei campi e sui binari delle ferrovie.

Nel Paese con una delle più grandi popolazioni carcerarie e i più alti tassi di incarcerazione del mondo, il sistema dei penitenziari si regge sul lavoro praticamente gratuito fornito dai detenuti. Esclusi i forzati, a livello nazionale la paga media per chi lavora in prigione è di 52 centesimi l’ora, a cui vanno sottratte anche alcune detrazioni compiute dalle amministrazioni carcerarie per tasse e spese. Secondo l’American Civil Liberties Union (Aclu), la forza lavoro a costo quasi zero delle prigioni produce circa 2 miliardi di dollari l’anno in beni, e oltre 9 miliardi in servizi per la manutenzione degli stessi penitenziari.

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