Parlando alla Camera il ministro ipotizza di attingere ai fondi del reddito di cittadinanza per finanziare l'estensione della flat tax sulle partite Iva e "Quota 41" per le pensioni. Domani sera il decreto per prorogare i sostegni contro il caro energia
Dopo le emergenze, vere o presunte, di rave party e sbarchi di migranti dalle navi delle Ong (il 14% del totale secondo le stime fornite dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi) a diradare la nebbia della propaganda di destra, ci pensa direttamente il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti. La sua audizione davanti alla Commissione speciale di Camera e Senato, (oggi si formano le Commissioni vere e proprie del Parlamento) sulla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanze, mette la parola fine alla campagna elettorale e richiude il libro dei sogni della destra. È “il realismo che contraddistingue l’approccio” chiarisce Giorgetti intervenendo su temi come i conti pubblici, i rapporti con Bruxelles e le spese per il sostegno a famiglie e imprese. Con tanti saluti agli slogan da campagna elettorale. Intanto il suo vice, Maurizio Leo, vuole togliere soldi ai poveri per finanziare le misure contro il caro bollette: “Di reddito di cittadinanza – dice – si stanno occupando i colleghi del lavoro. Se attraverso una serie di controlli e una serie di misure, si riesce a reperire un miliardo, su cui stanno lavorando tutti i colleghi del lavoro, questo viene messo prioritariamente a beneficio del caro bolletta”. E annuncia meccanismi di controllo che possono generare questo “flusso di 1 miliardo, che può essere utilizzato nella prossima legge di bilancio”.
Ma ecco i punti toccati nell’audizione dal ministro Giorgetti.
Crescita economica e conti pubblici – “Le stime interne prefigurano per l’ultima parte dell’anno una variazione negativa del Prodotto interno lordo” premette il ministro dell’Economia. La flessione del Pil dei mesi invernali è in linea con le previsioni di soggetti esterni come Fmi, Bce ed Ocse. La Nadef contiene comunque una stima di chiusura del 2023 a + 0,3%, senza prefigurare quindi uno scenario recessivo. “Le difficoltà che abbiamo affrontato nel corso degli ultimi anni hanno dimostrato che l’Italia ha una capacità di adattamento e di ripresa notevole”, ha detto il ministro dell’Economia. Nel delineare il quadro dei conti pubblici il ministro ha rimarcato la tendenza all’aumento della spesa per gli interessi sul debito pubblico, conseguenza dell’innalzamento dei tassi deciso dalla Banca centrale europea. La spesa per le cedole su Bot e Btp passerà dai 77 miliardi di quest’anno agli 81 miliardi del 2023.
Ci sono poi le pensioni che, per effetto dell’adeguamento all’inflazione, assorbiranno aggiuntive per 50 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Dai 297 miliardi di euro che verranno spesi quest’anno si salirà ai 321 miliardi del 2023 e poi ancora su fino ai 355 miliardi del 2025. Va detto che per lo Stato l’inflazione non significa solo più spese ma anche più incassi per effetto dell’aumento nominale del gettito fiscale. Allo stesso modo si alleggerisce il peso del debito in rapporto al Pil visto che le somme da ripagare diminuiscono in termini reali.
Togli ai poveri per dare agli altri – “Il governo intende sostenerne i sacrifici, con un approccio prudente e responsabile che permetta al contempo di migliorare le prospettive economiche del nostro Paese e garantire la sostenibilità della finanza pubblica”, puntualizza Giorgetti. Insomma di soldi ce ne sono pochi e, se si vuole intervenire da una parte, bisogna risparmiare da un’altra. Così i tagli al reddito di cittadinanza diventano, nelle intenzioni di Giorgetti, lo strumento a cui attingere per finanziare l’estensione della flat tax per le partite Iva e quota 41 per i pensionandi. Se le parole hanno un valore, siamo a “ipotesi”. Quota 41 costa, ci riferiscono fonti parlamentari, da 4 a 6 miliardi di euro l’anno. Ovvio che bisognerà aspettare la legge di Bilancio e vedere nero su bianco, cosa in concreto il governo Meloni riuscirà a mantenere in termini di promesse elettorali, ma dall’audizione di Giorgetti la sensazione è: ben poco. E la fanfara social di Salvini, da sempre non supportata dai numeri, trova questa volta, un argine apparentemente insormontabile: la realtà. “Ho parlato di tre settimane al massimo, due settimane mi sembrano un target realistico” dichiara Giorgetti ai parlamentari sulle tempistiche della prima legge di bilancio del Governo Meloni.
Quello che sembra realistico è una forsennata corsa contro il tempo tra l’albero di Natale e i brindisi di Capodanno per l’approvazione definitiva. Come al solito. Con tanti saluti alla denuncia della ‘contrazione dei tempi della discussione parlamentare’, argomento sempre buono quando si è all’opposizione. E con molte promesse elettorali mancate. Ma tanto ci sono i migranti ed altre emergenze immaginarie a dare l’idea agli elettori di destra che il governo meloni ha impresso un reale cambio di marcia al paese. Al termine dell’audizione Giorgetti evita di rispondere alle domande dei crinosti che lo attendono fuori Montecitorio. “Ho parlato ai rappresentanti del popolo”. E chi ha voluto intendere ha inteso.
Il ministro assicura anche che il cuneo fiscale e il recupero del potere di acquisto dei lavoratori “sarà oggetto dell’incontro con i sindacati” sottolineando che sulle disuguaglianze ci saranno “probabilmente sorprese” da parte di questo governo “a favore dei soggetti più vulnerabili”. “C’è la consapevolezza che questa inflazione a doppia cifra genera una perdita di potere di acquisto che deve essere recuperata”, ha detto.
Prorogate le misure del governo Draghi – Guardando all’immediato futuro Giorgetti ha annunciato che con il prossimo decreto legge aiuti quater “saranno confermate anche per il mese di dicembre 2022 le misure che riconoscono contributi straordinari, sotto forma di crediti d’imposta, pari a una quota delle spese sostenute per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale. Inoltre sarà prorogata fino al 31 dicembre 2022 la riduzione delle aliquote di accisa su benzina, gasolio, Gpl e gas naturale impiegati come carburanti; per quest’ultimo sarà confermata fino al 31 dicembre la riduzione dell’Iva al 5%”. Il ministro ha aggiunto che il decreto verrà approvato domani sera spiegando che “Sono allo studio interventi per predisporre uno strumento che renda possibile la rateizzazione degli oneri per l’energia elettrica”.
Il superbonus costa troppo – Dimenticate gli strali contro una delle misure sostenute dal Movimento 5 Stelle. Giorgetti, che faceva parte del governo Draghi, premier che in più di una circostanza ha espresso vero e proprio disprezzo per questa misura, parla di “revisione selettiva e adeguata alla fase transitoria”. Ma non andava archiviato? “Non sottovalutiamo il contributo che ha dato questa misura in una fase particolarmente critica per il Paese”. Testuale. “Rivisitazione selettiva” perché il “governo è consapevole del problema della cessione dei crediti ma anche delle difficoltà di soluzione”. Come si vedrà.
“Sarà ridotto” afferma Giorgetti poiché sta causando “rilevanti maggiori oneri” rispetto alle stime. “L’incremento, sulla base delle informazioni al primo settembre, segnala uno scostamento complessivo di 37,8 miliardi sull’intero periodo di previsione”. Una delle possibili soluzioni può essere quella di sfruttare “la grande possibilità offerta dal Repower Eu, quando sarà approvato, per fare una grande operazione simile al 110% per gli edifici pubblici. Dobbiamo dirottare tutta l’offerta che c’è nell’edilizia per mettere in condizioni di risparmio energetico tutta una serie di edifici pubblici”, dagli ospedali, alle sedi dei Comuni, dalle scuole alle palestre, ha detto il ministro dell’Economia.
Sul Mes (fondo salva stati) decide la Germania – Altro che discontinuità. “Confermo che la scelta è quella di attendere la decisione della Corte costituzionale di Karlsruhe esattamente come il governo precedente” afferma Giorgetti in Parlamento. Ora non si capisce perché il governo dei “patrioti” debba attendere la decisione dell’alta Corte di un altro Stato, prima di informare i parlamentari ed il Paese, su cosa intenda fare. Tecnicamente si chiama buttare la palla in calcio d’angolo. Altro che discontinuità col governo precedente.
Sul Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, in sostanza i 235 miliardi di euro europei per sostenere l’economia e la ripresa post pandemica, ndr) “ribadisco la nostra la ferma determinazione a portarlo a terra nel modo migliore possibile nei tempi più brevi possibili”, ma “a quadro normativo attuale il piano così come approvato non si riesce a fare nei tempi previsti”, ha detto il ministro dell’Economia. “Urge una modifica del quadro normativo e auspico che la discussione in sede europea”, in particolare su Repower Eu, “arrivi più presto possibile ad una positiva conclusione”.