Adesso non è più una semplice sospensione ma una vera e propria squalifica. Paolo Barelli, deputato di Forza Italia, grande capo del nuoto azzurro ma al momento senza più una poltrona, è stato bandito da qualsiasi attività per due anni dalla Federazione internazionale (Fina) per “multiple violazioni delle norme etiche e dello statuto”.
Il provvedimento segue la misura cautelare annunciata a settembre e riguarda una serie di denunce presentate contro la gestione di Barelli a livello nazionale (Fin), ma anche internazionale, come membro in passato dell’ufficio di presidenza della Federazione mondiale e soprattutto presidente della Len, la Lega europea (equivalente della Uefa nel calcio, per intenderci). Il precedente comunicato di sospensione non era sceso nel dettaglio delle contestazioni mosse dal Comitato etico della Fina. Adesso che la squalifica è stata confermata, vengono chiarite le irregolarità commesse da Barelli: il dirigente viene sanzionato per due differenti casi. Il primo è la famosa vecchia vicenda della doppia fatturazione dei lavori alle piscine del Foro Italico tra il 2005 e il 2008 da parte della Federnuoto a Coni Servizi, archiviata in passato in sede penale ma giudicata diversamente dalla Corte dei Conti: secondo i giudici contabili i soldi in realtà erano già stati versati dal ministero dell’Economia e per questo Barelli a marzo è stato condannato in appello dalla Corte al pagamento di circa 500mila euro per danno erariale (verdetto che però è stato impugnato dal diretto interessato e sospeso, quindi al momento non è esecutivo). Il secondo caso è l’addendum al contratto per gli Europei di nuoto 2022 a Roma, sottoscritto in maniera unilaterale fra la Len e la Federnuoto, che avrebbero portato un beneficio economico a quest’ultima quantificabile tra i 500mila e 1,5 milioni di euro: una specie di sconto al prezzo che la Federazione doveva pagare alla Lega europea che detiene i diritti di organizzazione dell’evento.
Dal dispositivo si capisce come il Coni di Giovanni Malagò, storico nemico di Barelli, abbia in qualche modo “contribuito” alla squalifica: sarebbe stato proprio il Comitato olimpico, infatti, a girare in Svizzera le risultanze del procedimento della Corte dei conti italiana, per cui Barelli è stato punito anche in sede sportiva. Sembrano cadute nel nulla invece le denunce più scabrose presentate da Bartolo Consolo, dirigente italiano che dal 1990 al 2008 ha guidato la Federazione europea, su alcuni pagamenti della Len nei confronti di società romane, la Cir Aur e la Elevan, la prima riconducibile allo stesso Barelli, la seconda invece per l’intermediazione svolta in alcune trattative commerciali.
A questo punto Barelli è ufficialmente squalificato e inibito dallo svolgere il suo ruolo di presidente, ma per lui è quasi una “buona notizia”: rispetto alla sospensione cautelare che lo lasciava in un limbo a tempo indeterminato, adesso se non altro può iniziare la solita trafila di ricorsi. Infatti il diretto interessato ha già annunciato di voler andare al Tas: “Nego ogni addebito. Ricorrerò alla Corte Arbitrale dello Sport e vincerò perché mi oppongo ad una sentenza ovviamente non definitiva, priva di fondamento, assurda, infamante”. La sua poltrona è in bilico: resta da capire che atteggiamento vorrà adottare il Coni di Malagò (a cui spetta la vigilanza sulle Federazioni), se forzare la mano con un commissariamento immediato o attendere il decorso. Lo prevede la decadenza in caso di pena superiore ai 12 mesi, ma solo con una sentenza definitiva.