Era accusato di falsità privata, simulazione di reato, calunnia e accesso abusivo a sistema informatico
Era accusato di falsità privata, simulazione di reato, calunnia e accesso abusivo a sistema informatico l’ex fidanzato di Tiziana Cantone, la trentunenne che il 13 settembre 2016 fu trovata senza vita nel Napoletano. Il giudice di Napoli Dario Gallo ha assolto Sergio Di Palo. L’uomo e la stessa Cantone furono indagati per aver falsamente accusato di aver diffuso sulla rete i video privati della donna alcune persone risultate invece estranee ai fatti. Di Palo è stato assolto dall’accusa di falsità con la formula “il fatto non sussiste”; dall’accusa di calunnia perché “il fatto non costituisce reato”; dall’accesso abusivo per “improcedibilità” (manca la denuncia) e dalla simulazione di reato perché “il fatto non sussiste”. I reati per i quali Di Palo (difeso dall’avvocato Bruno Larosa) è stato assolto venivano contestati in concorso con Tiziana Cantone, che però nel processo non è stata imputata in quanto già morta. L’accesso abusivo al sistema informatico, che in realtà altro non era che il suo profilo Facebook, è stato contestato solo a Di Palo.
Fu la Cantone a sporgere una denuncia nei confronti di un gruppo di cinque persone che riteneva colpevoli di essersi appropriate e di avere diffuso le immagini private che divennero virali e sono finite anche in piattaforma hard. Le indagini però fecero emergere delle incongruenze sulla testimonianza della donna (la quale ad esempio riferì di avere perso il cellulare) e gli inquirenti, alla fine, decisero di archiviare la posizione dei cinque nei confronti dei quali era stato inizialmente ipotizzato il reato di diffamazione e di violazione della privacy. Ne scaturì l’inchiesta per calunnia nei confronti di Di Palo e Cantone, poi morta suicida il 13 settembre 2016, nell’abitazione della zia, a Casalnuovo di Napoli. Dunque resta ancora senza nome chi diffuse i video.
Sono numerose le indagini penali nate dopo la morte della donna: la più importante, per istigazione al suicidio fu archiviata dal giudice di Napoli Nord, su richiesta della Procura, nel dicembre 2017. Attualmente a Napoli Nord restano dunque due fascicoli: quello per omicidio volontario, che rimarrà aperto anche dopo il deposito della relazione sull’autopsia in cui si ipotizza il suicidio: gli inquirenti attendono infatti il deposito della perizia psicologica che dovrebbe far luce sulle condizioni emotive di Tiziana, e solo a seguito di queste risultanze decideranno se archiviare l’indagine o se continuare a indagare per omicidio. C’è poi l’indagine per frode processuale aperta in relazione alla cancellazione dei dati dall’iphone e dall’ipad della Cantone, avvenuta mentre gli apparecchi erano tenuti in custodia dai carabinieri; in questa inchiesta vi sono alcuni indagati.
Lo scorso maggio sono stati depositati gli esiti dell’autopsia che indica nel la causa più probabile della morte della 31enne trovata senza vita con un foulard al collo. Un gesto si ipotizzò legato alla pubblicazione di alcuni suoi video privati La Procura, dopo aver ottenuto nel 2017 l’archiviazione della prima indagine per istigazione al suicidio, ha infatti aperto nel gennaio 2021 un secondo fascicolo per omicidio volontario sulla base di nuovi elementi di prova portati dalla difesa di Teresa Giglio, la madre di Tiziana. Il pm Giovanni Corona ha fatto così riesumare i resti della 31enne e disposto quell’autopsia che non era mai stata effettuata. Dopo la morte di Tiziana è stata la madre a proseguirne la battaglia nelle aule dei tribunali, in quelle civili per far rimuovere dai grandi colossi del web, da Facebook a Google, i video di Tiziana, e nelle aule penali per conoscere la verità, appunto, sul decesso. Sul primo fronte è riuscita a garantire solo in parte il diritto all’oblio, visto che pochi giorni fa è spuntato nuovamente sul web un video privato della 31enne. Sul fronte penale la Giglio, che ha sempre sostenuto che la figlia non si sia uccisa, ha portato avanti la sua battaglia affidandosi negli anni a numerosi avvocati.