di Federico Lucia*

L’imprescindibile diritto dei lavoratori di prestare la propria attività senza incorrere in infortuni e malattie ha, nel tempo, accentuato l’importanza del ruolo assunto dalla vigilanza. Il Preposto – e cioè colui che sovrintende e vigila sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori sia degli obblighi di legge, sia delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza (d.lgs. 81/2008, cosiddetto Testo Unico) – è stato nel tempo ricondotto quasi ad una figura di “allenatore sul campo” della sicurezza, stante la sua centralità nel farsi portatore della cultura del “lavoro sicuro”.

Il recente D.L. 146 del 2021 è intervenuto per potenziarne ruolo e poteri, così da migliorare l’efficacia del più articolato sistema di vigilanza aziendale.

Identificare correttamente il Preposto è cruciale nelle realtà complesse

In una realtà complessa in cui per Datore di Lavoro e Dirigente risulta difficile verificare il regolare svolgimento dell’attività e l’adozione di comportamenti sicuri da parte dei lavoratori, il ruolo del Preposto assume un carattere imprescindibile sotto il duplice aspetto della leadership e dell’esperienza.

Trattasi infatti di una figura che dovrebbe distinguersi per livello di seniority (il lavoratore maggiormente esperto dell’attività o del processo lavorativo su cui è chiamato a vigilare) e anche per leadership, disponendo quindi di un adeguato e riconosciuto grado di autorità e autorevolezza tale per cui possa configurarsi un carattere di preminenza, se non gerarchica per lo meno funzionale, rispetto al team che è chiamato a coordinare.

Vi è di più: perché tale ruolo risulti efficace, il Preposto deve essere individuato tra le figure funzionalmente più vicine ai lavoratori che svolgono l’attività oggetto di presidio. Potremo definirlo quasi come il “capo di prossimità” del lavoratore e che, diversamente dagli altri manager, può intervenire prontamente e direttamente per modificare un comportamento insicuro ed impedire il verificarsi di un incidente.

Adeguata conoscenza del processo lavorativo, vicinanza al lavoratore, autorità e autorevolezza diventano quindi caratteristiche imprescindibili del Preposto. Un’errata scelta comporterebbe infatti, oltre che una criticità dal punto di vista organizzativo della sicurezza della sicurezza, anche la vanificazione della nomina: ricordo, infatti, che l’art. 299 del d.lgs. 81/2008 esplicita che la posizione di garanzia delle figure di Datore di Lavoro, Dirigente e Preposto grava su colui che esercita nel concreto (di fatto) i poteri direttivi associati a tali figure. A nulla gioverebbe al Datore di Lavoro, pertanto, formalizzare la nomina a Preposto ad una figura che non dispone delle caratteristiche sopra individuate: oltre ad essere priva di valore giuridico, lo esporre sia alle sanzioni derivate dalla mancata identificazione, che da quelle potenziali dovute alla mancata vigilanza.

I nuovi poteri del Preposto: da “allenatore” a vero e proprio “manager” della sicurezza

La vecchia formulazione del Testo Unico il Preposto vedeva il Preposto come colui chiamato a sovrintendere l’attività lavorativa, segnalando ai superiori gerarchici eventuali criticità di sicurezza rilevate. Solo in caso di pericolo grave ed immediato (emergenza) la legge poneva obbligo di intervento diretto con lo scopo di interrompere l’attività lavorativa.

È facile dunque comprendere come a tale figura, pur cruciale, fossero a conti fatti associati poteri più reattivi che proattivi, diminuendo enormemente la portata della sua funzione in chiave preventiva. Segnalare un’anomalia prevede infatti un gap temporale tra la rilevazione della stessa, la sua presa in carico e la sua risoluzione. Gli stessi preposti, poiché non adeguatamente coperti da un chiaro mandato derivante dalla Legge, si trovavano inermi di fronte a talune situazioni.

Il DL 146/2021 è intervenuto in maniera chiara e netta, esplicitando quei poteri direttivi che nella precedente formulazione non erano chiaramente definiti. Il Preposto è ora una figura proattiva, non soltanto reattiva: può interrompere l’attività lavorativa se ravvisa deficienze nelle attrezzature e nei dispositivi di sicurezza, così come nei comportamenti del lavoratore. Può inoltre richiamare direttamente il lavoratore che trasgredisce alle direttive di sicurezza, innescando in tal modo l’iter disciplinare interno, senza necessariamente dover attendere l’esito dell’escalation verso i superiori gerarchici.

Conclusioni

Da allenatore sul campo, il Preposto è divenuto ora arbitro della partita, andando così a chiudere il cerchio su una vigilanza che prima era enunciata ma che risultava imperfetta nella sua applicazione reale. Ritengo tale evoluzione un importante passo avanti verso il raggiungimento di una cultura della sicurezza maggiormente pervasiva e capace di rispondere con forza alle mutevoli esigenze organizzative di un contesto lavorativo in continua evoluzione.

* Giurista-informatico, Chief Risk Officer, Safety Manager e Business Continuity Manager del CSI Piemonte, ha maturato pluriennale esperienza sulle tematiche di sicurezza, business continuity, privacy e risk management. Formatore qualificato, è iscritto al repertorio degli Esperti BBS e docente ai corsi di perfezionamento presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. È inoltre autore di articoli su testate specialistiche e di un libro intitolato “Il nuovo codice in materia di protezione dei dati personali” edito da Giappichelli

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