Ha vinto il silenzio e la diplomazia. Non ci sono state fiaccolate, striscioni, comparsate in tv della famiglia, ma tutto è andato nel migliore dei modi.
Una storia che per me inizia il 3 ottobre quando qualcuno mi chiama e mi dice che il sig. Alberto Piperno cercava informazioni su sua figlia in Iran. Aveva scritto un post su Facebook rimosso subito dopo, ma diventato virale tanto che la notizia dell’arresto di sua figlia Alessia era uscito anche su tutti i quotidiani nazionali e internazionali. Da allora sono trascorse settimane nelle quali ho sempre chiesto al signor Alberto di rilasciarmi qualche dichiarazione. Sempre molto ermetico, a volte rispondeva a volte no.
Un mio ultimo messaggio è stato proprio pochi giorni fa: gli chiedevo se non volesse dare alla vicenda di Alessia una copertura mediatica. “Quanti casi non sarebbero stati risolti se non fossero stati seguiti dai media?”, gli ho scritto. Come spesso ha fatto in questo periodo leggeva, le due spunte blu di Whatsapp lo confermavano, ma nessuna risposta.
E ha fatto bene il signor Alberto a non ascoltare il mio suggerimento e a seguire quello che la Farnesina gli aveva imposto sin dall’inizio, la massima riservatezza. Alessia è in Italia dopo mesi di assenza e quello che conta in questo momento è solo che stia bene e che possa riabbracciare la propria famiglia. Che non sia però questa liberazione un minimo cenno di compiacimento nei confronti del regime islamico iraniano. Mai.
Oggi è il momento dei festeggiamenti e della conclusione di una brutta storia che però riguarda solo Alessia e la sua famiglia. Tanti altri detenuti non hanno avuto la sua fortuna. Tanti sono gli interrogativi. Come mai questa liberazione avviene proprio dopo che il governo si è insediato? Quali sono state le richieste da parte del regime islamico all’Italia? Nessuno spero voglia pensare alla magnanimità di quel sistema teocratico.
Una liberazione come quella di Alessia Piperno, con una rivoluzione in corso in Iran, è un vero e proprio ‘miracolo’. Perché quel regime con cui l’Italia ha dovuto contrattare per la liberazione di Alessia è lo stesso regime criminale che da oltre 50 giorni sta ammazzando la propria popolazione. È lo stesso regime che ha chiesto i rinforzi militari ai paesi amici per reprimere con la massima violenza le proteste di massa che si stanno svolgendo ormai in ogni angolo del paese.
Ricordiamoci che sono oltre 300 i manifestanti uccisi nelle proteste scaturite dalla morte di Mahsa Amini la ragazza curda uccisa mentre si trovava in custodia della polizia morale a Tehran. Di queste centinaia di manifestanti uccisi, quasi 50 erano bambini. E nessuno deve per nulla dare credito a un regime in cui ben 227 parlamentari si sono detti favorevoli all’esecuzione capitale per i 14 mila manifestanti arrestati durante le proteste.
Rivolte che sono nate dalle donne, ma che poi hanno coinvolto tutta la popolazione nella richiesta del diritto universale di ogni essere umano: la libertà. Ormai gran parte della popolazione iraniana è tutta unita nella lotta contro il regime. Si vuole far cadere quel sistema dittatoriale iraniano che prepotentemente si è imposto sulla cittadinanza dalla rivoluzione islamica del 1979 ad oggi.
Quel regime con cui la nostra Farnesina ha trattato per il rilascio di Alessia è lo stesso che stupra e tortura le ragazzine quando vengono arrestate e portate in carcere. Spesso le ammazza rimuovendone gli organi come è accaduto a Nika Shakarami, per non mostrare alla famiglia i segni delle molteplici violenze sessuali compiute. Nika aveva solo 17 anni.
Di queste storie ce ne sono tantissime. Ieri in Iran si è celebrato il 40° giorno che per gli sciiti segna la fine del lutto di Khodanour Lajai, un ragazzo di 26 anni appartenente all’etnia dei Baluci, una delle tante minoranze etniche discriminate in Iran. Questo ragazzo era stato torturato e legato a un palo con delle catene e lasciato giorno e notte per essere umiliato davanti a tutti. La sua immagine è diventata un simbolo delle atroci violenze perpetrate dalla Repubblica islamica. Qualche settimana fa è stato colpito a morte mentre in strada, in segno di protesta, danzava una tipica danza beluci.
Mi chiedo: quando la nostra premier Giorgia Meloni parla di ‘intenso lavoro diplomatico’, che tipo di diplomazia può esserci con un regime così cruento e terrificante? Diciamo piuttosto che ci sono stati accordi bilaterali. Economici? Sicuramente. L’importante è che Alessia sia a casa, ma come cittadina italiana. Se è stato raggiungo quale altro tipo di compromesso pretenderei di conoscerlo.
Mi auguro solo che l’Italia sia uscita con dignità da questa situazione e che non gli sia stato imposto il silenzio dei media. In quel caso avverrà un effetto boomerang. Almeno nel caso della sottoscritta.