Falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, induzione indebita a dare o promettere utilità, peculato, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, trasferimento fraudolento di valori, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e turbativa d’asta con l’aggravante “di avere commesso il fatto con abuso dei poteri ed in violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione”. Sono tutte le accuse contestate al sindaco di Rende Marcello Manna. Ce n’è quanto basta per definire “terremoto giudiziario” l’inchiesta della Procura di Cosenza, guidata da Mario Spagnuolo, sulla gestione dei lavori pubblici da parte dell’amministrazione da lui guidata. Tra gli indagati, per corruzione, c’è anche il vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Antonio Iacucci del Pd (nella foto), nella sua qualità di ex presidente della Provincia di Cosenza. In sostanza, assieme al dirigente del settore Manutenzione e viabilità Claudio Le Piane e il legale dell’ente Gregorio Barba, Iacucci avrebbe messo “a disposizione dell’imprenditore Massimino Aceto i propri poteri e la propria funzione consistite nel programmare l’indebito pagamento di somme di denaro ricevendo, quale contropartita, un’utilità elettorale, nonché la promessa di illecite dazioni di denaro”. Complessivamente sono 72 gli indagati nell’indagine per quale il gip ha disposto il divieto di dimora per il sindaco di Rende Marcello Manna e i domiciliari per il suo assessore Pino Munno.

Entrambi, a inizio settembre, erano stati coinvolti nell’inchiesta “Reset” coordinata dalla Dda di Catanzaro. Questa, volta, però, sono finiti al centro di un’indagine ordinaria dove, comunque, gli vengono contestate accuse pesantissime. Analizzando il materiale raccolto dai carabinieri e dalla guardia di finanza nel corso delle indagini, i pm parlano addirittura di “accordi collusivi” al centro dei quali ci sarebbe proprio il sindaco Marcello Manna. Se per quest’ultimo è stato disposto il divieto di dimora, l’assessore Pino Munno è finito ai domiciliari assieme ad altri due indagati, l’ingegnere del Comune di Rende Giovanni Motta e l’imprenditore Massimino Aceto, uno dei principali indagati dell’inchiesta nell’ambito della quale il gip ha deciso, invece, la sospensione di 8 persone dall’esercizio del pubblico ufficio e servizio e 12 misure cautelari interdittive di esercitare attività professionale ed imprenditoriale. Con la stessa ordinanza, sono state sequestrate sei società, manufatti e somme di denaro, depositate in conti correnti bancari.

La posizione di Manna è senza dubbio la più grave. In concorso con il consigliere di maggioranza Franchino De Rango e con alcuni funzionari del Comune, “nell’esercizio delle loro funzioni” avrebbero favorito la società “Redimix Srl” attestando falsamente la regolarità amministrativa e contabile della “procedura amministrativa relativa all’affidamento diretto” con la quale alla ditta erano stati assegnati i lavori di messa in sicurezza della contrada Cutura e la pulizia del fiume Surdo per verificare le perdite della rete fognaria. In sostanza, “in violazione del principio di non ingerenza rispetto all’operato dei dirigenti amministrativi”, Manna e De Rango avrebbero indotto i dirigenti del Comune Francesco Minutolo e Antonio Infantino “a liquidare indebitamente in favore di Massimino Aceto e Cesare Florio (amministratori di fatto della Redimix Srl) una somma maggiore di quella spettante in relazione all’illecita esecuzione dei lavori urgenti”.

Nel capo di imputazione c’è scritto che “gli esponenti politici unitamente agli imprenditori collusi, ponevano in essere incessanti e pressanti condotte di ingerenza e prevaricazione, concretatesi anche (da parte del De Rango) in esplicite minacce consistite nel paventare al dirigente Minutolo di presentare una denuncia contro di lui in ordine ad un’ulteriore illegittima procedura amministrativa nonché di fargli revocare l’incarico dirigenziale”. E ancora: sempre con l’imprenditore Massimino Aceto il sindaco Manna avrebbe turbato un affidamento diretto da parte della società in house “Rende servizi” amministrata da Umberto Vivona, anche lui indagato.

Violando la legge, Manna e gli altri protagonisti della turbativa d’asta avrebbero stretto un “accordo collusivo” sussistente al contratto di noleggio a freddo di due mezzi d’opera a un costo (400 euro oltre iva al giorno per ciascun trattore) di molto superiore al prezzo di mercato”. Il rapporto tra l’imprenditore Massimino Aceto e il sindaco Marcello Manna andrebbe oltre il discorso degli appalti: i due, infatti, “sono stati soci (anche formalmente)” della Marp Corporation “dalla data di costituzione della stessa (4 novembre 2006) fino al 18 giugno 2014, data in cui Manna è stato eletto sindaco di Rende e ha conseguentemente ceduto le sue quote”. Un legame, quello tra Manna e Aceto, che ruotava pure attorno alla questione dei voti e delle elezioni amministrative del 2019. Alla luce delle intercettazioni, infatti, il gip scrive nell’ordinanza: “Si ritiene che l’appoggio offerto dall’Aceto al Manna ai fini di una vittoria di quest’ultimo nella imminente competizione elettorale integri in effetti uno degli elementi strutturali del prospettato accordo corruttivo, se si considera che l’Aceto è con evidenza interlocutore privilegiato del Manna nelle strategie finalizzate ad assicurarsi un numero sufficiente di voti”.

In altre parole: “Manna si dimostra del tutto consapevole della spregiudicatezza dell’Aceto nel porre in essere ogni genere di azione al fine di procacciargli voti, tant’è che quando l’imprenditore gli propone di ‘acquistare’, con pagamento di somme di denaro, pacchetti di voti, il sindaco annuisce convintamente”. Non ci sono dubbi, secondo il gip, che “l’appoggio elettorale dell’Aceto al Manna non è certo originato da meri rapporti di amicizia o di natura ideologica, ma strettamente connesso alla finalità dell’imprenditore di continuare a ottenere lavori pubblici dall’amministrazione comunale, conscio di contare sull’appoggio dell’amico e socio d’affari Manna”. Con Marcello Manna, i dirigenti del Comune e l’assessore Pino Munno, per il reato di falso sono indagati anche il comandante della polizia municipale Vincenzo Settino e l’istruttore del corpo Maria Gabriella Settino. In barba alle norme contro l’abusivismo edilizio, infatti, gli indagati “nell’esercizio delle loro funzioni” avrebbero falsamente attestato “la sussistenza dei requisiti normativi e regolamentari in ordine alla richiesta per occupazione temporanea del suolo pubblico” avanzata da Francesco Oliva, il titolare di un negozio di fiori e piante che così, secondo i pm, ha potuto mantenere la sua installazione abusiva all’interno del parco pubblico “Georcelli”.

Nell’inchiesta è indagata anche la moglie del sindaco di Rende, Annunziata Maria Pia Cristaudo. Attraverso lei, infatti, l’amministratrice della cooperativa “Il Melograno” Lavinia Volpentesta e la sua dipendente Maria Brunella Patitucci (entrambe indagate) avrebbero sollecitato Marcello Manna a turbare l’aggiudicazione della gara d’appalto indetta dal Comune per la gestione del centro diurno per minori “Madre Teresa di Calcutta”. Un appalto da 126mila euro all’anno che, alla fine della procedura, è stato assegnato alla cooperativa “Il Melograno”.

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