“Siamo oggetto di una quotidiana “opposizione all’opposizione” e questo fa da sfondo al congresso e incide sul suo svolgimento nel racconto pubblico”. Il segretario del Pd Enrico Letta scrive al Corriere della Sera e lamenta un atteggiamento troppo duro nei confronti del proprio partito da parte delle altre forze che si oppongono al governo Meloni: in particolare il Movimento cinque stelle, Azione e Italia viva. “Come prima, peggio di prima. Per M5s e terzo polo la nuova legislatura è iniziata come era finita la precedente. Tutti contro il Pd: Calenda, Conte e Renzi sono ancora in campagna elettorale”, scrive. “Stessi i toni, simili le forzature dialettiche, a dimostrazione che, quando si tratta di piccoli interessi di parte, alla fine possono emergere paradossali affinità elettive anche tra chi ha passato anni a farsi reciprocamente la guerra e a porre a noi estenuanti veti incrociati. Nel mentre la destra ha vinto le elezioni e Giorgia Meloni governa l’Italia. Eppure, tutti e tre ritengono che fare opposizione al Pd sia più redditizio che fare opposizione al governo più a destra della storia della Repubblica”.
“Niente vittimismi“, specifica Letta a un certo punto della sua lunga riflessione. Eppure gli accenti vittimistici risuonano in più di un passaggio: la scelta dei leader delle altre forze politiche è definita “priva del benché minimo senso di responsabilità istituzionale (…) per le ripercussioni certe sull’Italia. (…) L’esordio del governo ha surclassato ogni previsione. Un debutto a base di selezione anticostituzionale dei migranti, tentativi di compressione della libera espressione del dissenso, afonia sul lavoro e contro il caro vita, tentennamenti sulla politica economica. (…) Di fronte a questo l’Italia avrebbe bisogno di un’opposizione doppiamente solida, in grado di convogliare tutte le energie per contrastare la destra”, scrive il segretario dem. E rivendica: “Quali partiti hanno fatto di recente o fanno ancora congressi veri con leadership contese da più candidati? Nessuno. È un fatto unico, eccezionale, di cui siamo orgogliosi e per cui pretendiamo rispetto. Noi abbiamo una vera democrazia interna, gli altri no”. La prima reazione arriva – come al solito via Twitter – da Carlo Calenda, uno dei leader chiamati in causa per cognome. “Caro Enrico Letta, c’è una sola cosa che un grande partito come il Pd non può davvero mai fare: il piagnisteo. Dalle bollette, alle regionali vi abbiamo offerto collaborazione sui contenuti. Decidete liberamente. Ma senza vittimismi”, scrive.