“Da qualche mese osserviamo un’escalation non tanto nella frequenza, ma nella quantità di armamenti, carri armati ed elicotteri da guerra che transitano dal porto di Genova verso l’Arabia Saudita”. Così il Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali denuncia, mostrando foto e documenti, l’aumento del traffico di armamenti gestito dalla flotta saudita Bahri. Il timore è che questo aumento sia legato alla preparazione di un conflitto tra i sauditi di Mohammad bin Salman Al Sa’ud e l’Iran: “Non abbiamo ovviamente alcuna competenza geopolitica particolare – ci tiene a precisare Riccardo Rudino, uno dei delegati sindacali che il Calp esprime nelle principali società che operano in porto – ci limitiamo a osservare un’impressionante crescita del traffico di armamenti, e non vogliamo essere complici di questa logica di guerra”.
Il giorno dopo l’ennesimo passaggio di una delle “navi delle armi” che sono solite transitare dal porto di Genova cariche degli armamenti nordamericani diretti in Arabia Saudita, sulle banchine tra i lavoratori più sensibili a questa vertenza che prosegue da oltre quattro anni, più che lo sconforto si percepisce la rabbia di chi si sente isolato: “Non ci basta la solidarietà che, per fortuna, continuiamo a ricevere per il nostro impegno contro la guerra – spiega a ilfattoquotidiano.it il referente USB Navi e Porti Josè Nivoi – sappiamo che con il governo di Meloni o di Crosetto, espressione dell’industria militare, non avremo alcuna sponda, come non ne abbiamo avute in passato. Quello che ci stupisce, anche a seguito della manifestazione per la pace dei 100.000 a Roma, è la totale indifferenza dei partiti dell’opposizione su questo tema”.
La questione ha una sua componente etica, il rifiuto dei lavoratori di collaborare anche se marginalmente alla filiera che alimenta le guerre, ma anche di sicurezza sul lavoro: “Non è possibile, come fanno per interessi economici, sostenere che materiale esplosivo possa essere paragonabile a normali ‘merci’ – continua Nivoi – quello che chiediamo è il pieno rispetto dalla legge 185/90 che vieta anche il transito di armamenti verso Paesi in guerra e le norme di sicurezza sul lavoro”. L’appello che parte dai portuali di Genova è diretto ai partiti dell’opposizioni che sono scesi in piazza per la pace: “Noi facciamo la nostra parte osservando e denunciando in tutti i modi quello che vediamo, anche esponendoci e prendendoci denunce e indagini per le iniziative che rivendichiamo in contrasto al transito. Quello che manca completamente è un appoggio da parte dei partiti che provano a rifarsi una verginità passeggiando in piazza ma non prendono alcuna posizione concreta per fermare questi traffici che alimentano le logiche di guerra”.