Pesano, evidentemente, le accuse lanciate da Sanaa Seif, anche lei attivista per i diritti umani, nel corso di una conferenza stampa organizzata a Sharm e-Sheikh a margine della Cop27 nelle quali ha parlato a sostegno del fratello e contro l’amministrazione egiziana. Una denuncia che sembra riprendere l’invettiva fatta da un parlamentare egiziano, Amr Darwish, acceso fautore del governo del presidente Abdel Fatah al-Sisi, che ha preso la parola durante la conferenza stampa prima di essere allontanato
Mentre l’attivista egiziano Alaa Abdel Fattah continua, in condizioni di salute ormai precarie, lo sciopero della sete iniziato nelle scorse ore, dopo 200 giorni senza nutrirsi per protestare contro la propria incarcerazione arbitraria e senza processo che va avanti ormai dal 2019, ben oltre i limiti concessi dalla legge egiziana, adesso anche sua sorella rischia gravi guai legali. Sanaa Seif “è stata informata che un avvocato filogovernativo” l’ha denunciata alla procura egiziana accusandola di spionaggio e di “diffusione di notizie false”, esponendola così a un rischio di arresto. L’avvocato l’accusa fra l’altro di “cospirare con agenzie straniere” e di “istigazione contro lo stato egiziano e le sue istituzioni”.
Pesano, evidentemente, le accuse lanciate da Seif, anche lei attivista per i diritti umani, nel corso di una conferenza stampa organizzata a Sharm el-Sheikh a margine della Cop27 nelle quali ha parlato a sostegno del fratello e contro l’amministrazione egiziana. Una denuncia che sembra riprendere l’invettiva fatta da un parlamentare egiziano, Amr Darwish, acceso fautore del governo del presidente Abdel Fatah al-Sisi, che ha preso la parola durante la conferenza stampa prima di essere allontanato.
A questo si aggiungono le pressioni che la famiglia di Abdel Fattah sta facendo sul regime del Cairo dal giorno in cui il fratello ha annunciato l’inizio dello sciopero della sete. I familiari hanno chiesto di poterlo visitare in carcere o, in alternativa, di permettere l’incontro con l’ambasciatore britannico nel Paese nordafricano e accusato il carcere nel quale si trova di aver avviato l’alimentazione forzata. È “sotto trattamento medico”, hanno fatto sapere citando le autorità carcerarie.
Mentre lo scontro tra governo e famiglia andava avanti, la situazione si è in parte sbloccata. “Il nostro avvocato Khaled Ali Ali è stato appena informato che è stata accolta la sua richiesta di visitare Alaa. Ora sta andando in prigione. Speriamo che gli permettano davvero di visitarlo e che possa vedere Alaa oggi e aggiornarci sul suo stato di salute”, ha scritto su Twitter l’altra sorella, Mona Seif. “Sto andando alla prigione di Wadi el-Natrun per vedere Alaa”, ha twittato dal canto suo l’avvocato.