di Enzo Marzo
Con ammirazione devo dare atto a Vittorio Sgarbi del fatto che sa unire il trasformismo politico, ora tutto puntato verso l’estrema destra, con la riproposizione monotona del peggio di sé, per decenni.
Lei, Sgarbi, sostiene che il fascismo fin dal 1935 fu sì «orrore», ma fece anche «cose buone». Nella sua intervista Lei cita l’Inps, la Treccani e l’Accademia dei Lincei. Dimenticandosi dei “treni in orario”. Ecco, mi perdoni, credo che non si possa neppure accostare il valore della Treccani con l’esito spaventoso delle leggi razziali o la guerra. Ma Lei si è offeso ed è andato fuori di testa perché ho fatto notare due strafalcioni sull’Inps e sull’Accademia dei Lincei. Invece di aggredirmi verbalmente, avrebbe fatto meglio a riconoscere i due errori e la cosa sarebbe finita lì. Invece Lei, prima, dà una lezione da scuola media sull’architettura e sulla Treccani e, poi, conferma le Sue due bufale e anzi ne aggiunge una terza, grossolana, sull’Accademia d’Italia.
Privo com’è di senso autocritico, difende l’indifendibile. Vada a guardare il sito ufficiale dell’Inps. (…) Ma molto molto più grave è la castroneria sull’Accademia dei Lincei, confusa con l’Accademia reale d’Italia che ora Lei presenta come fiore virtuoso del fascismo, ma che aveva dimenticato di citare nella sua intervista. In effetti, Lei ha compiuto la leggera confusione tra vittima e aggressore. È come se avesse detto che Matteotti fece assassinare – che ne so – Arnaldo Mussolini e che Gobetti, Giovanni Amendola, don Minzoni e altri bastonarono a morte Starace o Balbo.
L’Accademia d’Italia fu istituita contro i Lincei, che da secoli predicavano la libertà di indagine scientifica. L’Accademia d’Italia nacque nel 1929 proprio per fascistizzare la cultura italiana moralmente già in feluca (ci voleva ben poco) e non, come dice Lei «nello spirito che poi è diventato dopo, la caduta del fascismo, quello della rinnovata Accademia dei Lincei». Paradossalmente, dopo tre anni di «preparazione spirituale» (cit. di Mussolini), l’Accademia d’Italia fu inaugurata «ufficialmente nel simbolo del Littorio», il suo compito era quello di giungere alla «perfetta aderenza ai problemi relativi alla posizione storica della nazione». Nel suo Statuto si precisa lo scopo di «conservare puro il carattere nazionale, secondo il genio e le tradizioni della stirpe». Per ottenere questo fine bisognava liquidare i Lincei.
Così, prima, il fascismo nel 1934 impose agli accademici lincei il giuramento accademico, poi arrivò nel ‘39 addirittura al vero e proprio scioglimento dell’Accademia secolare, all’incorporazione del suo patrimonio e all’inserimento dei soci nell’organico dell’Accademia reale d’Italia. S’informi: Croce, accademico del Lincei dal 1920, non giurò all’inizio del ‘35. Con lui altri nove. Forse perché non accettavano quello spirito dell’Accademia d’Italia che Lei tanto ammira. Anzi, fu proprio Croce a denunciare «l’ufficio corruttore» di questa istituzione fascista, che non ebbe una storia, ma soltanto «triste aneddotica». Nel ’38 si dimise anche Einstein. (…).
La cantonata non è da Lei che addirittura ha smaniato di diventare ministro della Cultura e che oggi, anche se in un ruolo secondario, con Borgonzoni (approfitti della vicinanza per insegnarle la cartina geografica dell’Italia) e il ministro Sangiuliano, fa parte del terzetto che è la punta di diamante della cultura di destra al governo.
È quasi incredibile che un sottosegretario alla Cultura non conosca le vicende e le finalità dichiarate dell’Accademia d’Italia, e spacci esattamente il contrario di ciò che fu. È triste che sia digiuno anche delle vicende drammatiche dell’Accademia dei Lincei, ovvero del più illustre istituto culturale italiano. È preoccupante per il nostro futuro che al Ministero della Cultura ci sia un sottosegretario che tiene in non cale il valore della “libertà di scienza e di coscienza”, così violata dall’Accademia d’Italia. Lo scontro tra Croce e chi aveva imposto il giuramento accademico è esemplare della perfetta incompatibilità tra la cultura liberale e quella fascista, vecchia e nuova.
Se non conosce la storia dell’Accademia dei Lincei, non si può certo pretendere che sia venuto a conoscenza della rivista di sinistra liberale Critica liberale, che ha solo 53 anni di vita (non 4 secoli e passa), anche se ha avuto come Presidente del Comitato di presidenza tale Norberto Bobbio (ne ha mai sentito parlare?).
Nella Sua intervista Lei si intruppa nella schiera sempre più folta dei propagandisti dediti all’incultura delle masse, che distinguono tra due periodi del fascismo reale. Una fase buona e una fase “orrenda” che inizierebbe circa nel 1935 e sarebbe segnata dalle leggi razziali e dall’entrata in guerra. Alcune «scelte sbagliate», minimizza Lei, che non c’entrerebbero col governo Mussolini della prima parte del Ventennio. Nel primo periodo (quindi quello non “orrendo”), la informo, si eresse un regime dittatoriale criminale, si assassinarono si esiliarono si incarcerarono si confinarono tutti gli avversari politici, si sciolsero Parlamento, partiti e sindacati, si annichilì lo Stato di diritto, si uccise la libertà di stampa, si fascistizzò l’Università, si “educò” militarizzandola persino l’infanzia dagli otto anni in su, si procedette a una schedatura di massa e all’iscrizione pressoché obbligatoria al Partito unico. Il Tribunale Speciale fu istituito nel 1926 e in tutta la sua immonda storia comminò 42 condanne a morte (31 eseguite) e 160 mila furono quelli ammoniti o sottoposti a vigilanza speciale; al confino furono inviati in 12.330.
Questo avveniva fin dalla prima parte, quella del “fascismo buono”, quello del “governo Mussolini”, a cui si rifà Fratelli d’Italia che, per motivi di epoche diverse certamente non può appartenere al fascismo storico, ma innegabilmente è di “ascendenza fascista”.
Quindi si può tranquillamente attribuire ai dirigenti di Fratelli d’Italia, ma anche alla Lega salviniana e a settori cospicui di Forza Italia, il “fascismo eterno” così ben descritto da Umberto Eco, ovvero quella “personalità autoritaria” che fu studiata e classificata in una ricerca commissionata ad Adorno, e altri, dalla Comunità ebraica statunitense. La consulti, Lei ci si ritroverà perfettamente. La mentalità autoritaria risulta l’esatta antitesi della mentalità liberale. Ha una logica totalitaria e linguaggio e pratica violenta.
[continua sulla rivista: Testo integrale Nonmollare n.117]
P.s: Dato che alcune informazioni di Vittorio Sgarbi sui rapporti tra Critica liberale, il quindicinale online Non Mollare e Il Fatto quotidiano sono inesatte e possono far nascere equivoci, preciso che io non sono stato mai un collaboratore del Fatto quotidiano cartaceo e che il Fatto quotidiano online molto gentilmente ospita tra i suoi blog una Premessa e l’Indice di ogni nuovo numero del Non Mollare. E quindi, mostrando grande liberalità, accoglie un “diverso parere”, dato che abbiamo opposti giudizi sia sul governo Conte 1 sia sul governo Draghi sia, soprattutto, sull’invasione dell’Ucraina. Ricordiamo anche che, prima, l’Unità di Furio Colombo e di Antonio Padellaro e, poi, il Fatto di Padellaro e di Travaglio furono in prima linea nella battaglia contro il regime illiberale di Berlusconi. E quindi noi di “Opposizione civile” (Paolo Sylos Labini, Enzo Marzo e Elio Veltri) ce li trovammo a fianco.
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