La Ocean Viking di Sos Mediterranee porterà in Francia i migranti soccorsi nel Mediterraneo centrale. La nave della Ong terminerà l’operazione domattina a Tolone, sbarcando 231 migranti, di cui 14 donne e 57 minori. Ma il governo francese considera la conclusione della vicenda un inadempimento dell’Italia. E presenta il conto, decidendo di sospendere l’accoglienza di 3.500 rifugiati che si trovano in Italia, prevista dopo l’accordo adottato l’estate scorsa sulla redistribuzione dei richiedenti asilo giunti via mare e sottoscritto da 19 paesi Ue e altri 4 associati a Schengen. Accordo che non sancisce alcun obbligo, debole nei numeri e nella lentezza delle procedure, ma considerato “storico” per l’ampia adesione. Ma anche di fronte allo stallo europeo sulle riforme in tema di immigrazione. Riforme che il braccio di ferro tra Italia e Francia rallenterà ulteriormente.
Danimarca e Islanda hanno aderito proprio negli ultimi giorni all’accordo siglato il 10 giungo scorso dalla maggioranza degli Stati Ue sulla relocation, la redistribuzione volontaria di almeno 10 mila richiedenti asilo dai paesi di prima accoglienza. I paesi firmatari si sono accordati sulla doppia possibilità di accogliere le persone o di finanziare i paesi di primo arrivo: Italia, Grecia, Spagna, Malta e Cipro. In particolare, si potrà sostenere economicamente il rimpatrio di chi si è visto respingere la richiesta d’asilo. Un patto con una sua piattaforma per coordinare le iniziative e definire i numeri, della durata di un anno e rinnovabile. Inoltre, a fronte di una disponibilità a redistribuire i richiedenti asilo, i paesi hanno previsto un nuovo regolamento per incrementare i controlli sulle frontiere esterne dell’Ue con gli Stati di primo arrivo tenuti allo screening e alla registrazione nell’Eurodac, il database delle impronte digitali per richiedenti asilo e migranti irregolari al fine di arginare i movimenti secondari, gli spostamenti dei migranti verso altri Stati europei. Condizione imposte soprattutto dai paesi del cosiddetto blocco di Visegrad, che al principio di solidarietà hanno voluto affiancare quello di responsabilità. In linea con questa visione è anche il previsto rafforzamento di Frontex, la contestata Agenzia europea di vigilanza delle frontiere il cui contingente dovrà arrivare a 10 mila uomini.
L’accordo subentra ad altri patti di solidarietà tra paesi, sempre su base volontaria e mai davvero decollati. E questo non fa eccezione. Per i numeri esigui sui quali si è trovato l’accordo e per la lentezza delle procedure, che vedono addirittura il coinvolgimento delle rispettive ambasciate per l’individuazione delle persone da accogliere. La stessa ex ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, pur definendolo un accordo storico, all’indomani della firma già segnalava “l’urgenza di adottare procedure più veloci”. Solo tre i paesi che avevano espresso in cifre la loro disponibilità: la Francia per l’accoglienza di 3.000 migranti l’anno, la Germania per 3.500 e l’Irlanda per 350. Dopo lo scontro sulle navi delle Ong con il governo italiano, la Francia ritira quella disponibilità e disattende un accordo già siglato che si basa sul rispetto del diritto dell’Unione. A dimostrazione di quanto sia fragile la cooperazione, anche tra i cosiddetti Stati membri “volonterosi”. Dal punto di vista umanitario, quello della Francia è un tradimento, giustificato solo in parte dal mancato rispetto delle regole europee e internazionali da parte dell’Italia, “irresponsabile” a detta di Parigi. Quanto al governo Meloni, c’è il rischio concreto che anche gli altri Paesi sottoscrittori del meccanismo sospendano la disponibilità giustificandosi con gli strappi di Roma.
Non è solo un’ipotesi. La Francia ha chiesto anche “a tutti gli altri partecipanti al meccanismo europeo, in particolare alla Germania, di fare lo stesso”. “Questo meccanismo è pienamente in funzione da diverse settimane e l’Italia ne è il primo dei beneficiari, con 3.500 ricollocamenti previsti da ora all’estate del 2023″, ha dichiarato Parigi. Che “organizzerà nei prossimi giorni con la Commissione Europea e la Germania una riunione che definirà un quadro che permetta di trarre le conseguenze dell’atteggiamento italiano e di regolare le azioni di soccorso in mare da parte delle Ong nel Mediterraneo”. Toni e reazioni che mettono a repentaglio la discussione sul Patto per l’Immigrazione a Bruxelles, che la Commissione e la nuova presidenza del Parlamento Ue avevano cercato di accelerare concordando una nuova tabella di marcia per approdare a qualche risultato prima del termine della legislatura europea. Al centro del confronto il regolamento di Dublino che assegna al paese di primo ingresso la competenza a esaminare la domanda di protezione. Una regola che insieme all’obbligo di ricerca e soccorso in mare disegna un sistema irragionevole per gli interessi degli Stati costieri più esposti sulle rotte del Mediterraneo. In mancanza di riforme, però, la cooperazione attivata con il meccanismo di redistribuzione era l’unica, timida ma concreta condivisione di sforzi. Che adesso rischia di saltare per le scelte italiane e le reazioni francesi. Il risultato? Da oggi sono aumentati i richiedenti che rimarranno in Italia, che continua a invocare le ricollocazioni ma ottiene l’effetto opposto.