Attualità

Cari signori della moda, cosa state combinando con le taglie?

Tessuto 'risparmiato'? "Business che non tiene conto delle conseguenze sulla psiche degli adolescenti?". E se provassimo a cambiare qualcosa perché la moda si per tutti, davvero?

di Claudia Rossi

Sono sempre più striminziti. Sempre più piccoli. Sempre meno adatti a vestire in un modo giusto. Oppure sono realizzati per le più formose e quindi segnalati dal termine ‘curvy’ ed esposti in aree ben precise del negozio o addirittura in punti vendita ‘dedicati’. Per dire, entri da Tom&Gerry con la tua amica, volete la stessa maglia ma tu sei più formosa e la commessa ti dice ‘devi andare di là’. “Che bel sabato di shopping!“, commenta una ragazza sui social. Con un certo sarcasmo, va da sé. Cosa impedisce ai marchi della moda di realizzare taglie dalla più piccola alle più grande dello stesso modello di cappotto, pantalone, top o felpa? E perché nelle grandi catene di abbigliamento low cost acquistare un abito è diventato un terno al lotto, data la riduzione della reale vestibilità di capi? Prendi una 42 perché porti una 42, non ti sta. Ci resti male.

Problema da poco dite? No. Ce lo ha spiegato il professor Massimo Clerici, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze ASST Monza: “Chiaramente dietro a tutto questo c’è un business che non tiene conto delle conseguenze che l’alterazione della percezione del proprio corpo può avere sui giovani, in particolare gli adolescenti… Anche quella che può sembrare una banalità come il non entrare in un paio di pantaloni o il confronto fisico tra amici può essere molto pericoloso“.

E i ragazzi se ne sono resi conto perché ne parlano, tanto, sui social. FQMagazine si occupa di moda e lo fa cercando di raccontarne ogni aspetto. Anche questo, che non ci piace affatto. In questo speciale ‘Cari signori della moda, cosa state combinando con le taglie?, Ilaria Mauri vi racconta cosa sta accadendo, perché gli abiti sono sempre più striminziti, cosa ne è stato del sistema unificato di taglie, cosa ci ha detto un colosso del fast fashion, Zara (“Taglie lontane dalla realtà e abiti sempre più striminziti: ecco perché. I gravi rischi: “Un business che non tiene conto delle conseguenze sugli adolescenti”).

Paolo Aruffo vi mostra cosa dicono i ragazzi sui social, Tik Tok in particolar modo (“Perché le taglie nell’abbigliamento non sono davvero per tutti? Sui social monta la protesta: “Non c’è niente di più grande della taglia L”, “Io mi chiedo, su chi li testate questi pantaloni”).

Da qui cominciamo. Avete esperienze simili? Volete condividerle con noi? (potete usare i nostri canali social o scrivere a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it). Uno dei lati più belli del nostro lavoro è l’idea di costruire insieme a voi lettori una community. Diamoci da fare perché un paio di pantaloni stretti o andare nel negozio accanto per la taglia più grande non siano tra i tanti input negativi che ci accerchiano. Viva la moda, quando è per tutti, per davvero.

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