Da una settimana mi trovo a Sharm el Sheikh per la Conferenza Globale sul Clima (COP27), con altri 41.000 delegati da ogni parte del mondo. La Conferenza si chiuderà tra 10 giorni ed è sinceramente troppo presto per trarre delle conclusioni, ma vi sono alcuni trends molto chiari che si sono già evidenziati fin dai primi giorni e alcune osservazioni che vale la pena condividere:
1. Le negoziazioni tra gli Stati membri procedono a rilento, con alcune delegazioni che stanno intenzionalmente sabotando lo sforzo di trovare una posizione comune sui temi caldi di quest’anno. Addirittura ci si sta scannando su materie piuttosto basiche ed ovvie, come ad esempio il riconoscimento del diritto alla parità di genere nella valutazione dell’impatto del clima sulla salute ed economia delle famiglie, oppure sui diritti delle popolazioni indigene a preservare il loro habitat naturale.
2. Vi è la sensazione che questa Cop finirà con un nulla di fatto, anche perché svariati paesi stanno utilizzando sfide globali, come la guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzo dell’energia e l’inflazione galoppante, per tirare il freno a mano sugli obiettivi ambiziosi di transizione energetica che fanno parte del core business di quest’anno.
3. Il settore privato è sicuramente il traino di questa Conferenza, con annunci giornalieri di nuove partnerships su larga scala in tutti i continenti. La quantità di risorse finanziare impegnate dalle aziende sulla decarbonizzazione è impressionante, e l’accelerazione degli obiettivi di net zero da parte delle principali multinazionali lascia ben sperare. E’ chiaro che il rischio di greenwashing è sempre presente, ma il settore privato sta facendo la parte del leone fino ad adesso.
4. Il settore filantropico è un altro attore in grande evidenza a questa Cop. Tutte le principali istituzioni (Bill and Melinda Gates Foundation, Bezos Earth Fund, The Rockefeller Foundation, Wellcome, IKEA Foundation, per citarne alcune), hanno creato dei pool di fondi per supportare progetti di adattamento o mitigazione del cambiamento climatico, con miliardi di dollari messi sul tavolo e che saranno spesi nei prossimi anni.
5. Rimane il problema di una eccessiva frammentazione di questi programmi, purtroppo. Girando per la conferenza, ci si imbatte in padiglioni ed eventi organizzati da una miriade di alleanze locali finanziate da organismi internazionali, fondi privati etc.. Ce ne sono a decine, se non forse centinaia. Tutte iniziative legittime, ma rimane la forte impressione della mancanza di una cabina di regia condivisa e del desiderio di molte organizzazioni di inseguire visibilità propria invece che accettare il fatto di fare parte di un ecosistema più ampio e importante.
6. Tale frammentazione è evidentissima per quanto concerne le Nazioni Unite, che sono arrivate a Sharm con una miriade di organizzazioni (grandi e piccoli) e programmi apparentemente scollegati e poco coesi, a volte in evidente competizione tra di loro. E’ frustrante vedere come nemmeno in queste occasioni, e di fronte ad una platea così vasta, il sistema Onu non riesca ad avere una rappresentazione unitaria.
7. Gli Stati Uniti la stanno facendo da padrone: John Kerry, Al Gore, Nancy Pelosi, Joe Biden, una quantitàsterminata di alte cariche dello Stato sono passate qui nella prima settimana. In confronto, Cina ed Unione Europea sono state estremamente silenziose e poco rappresentate.
8. E’ deludente notare come, ancora una volta, l’Italia giochi un ruolo da comprimario. Il nostro padiglione è visitato principalmente per la fama del caffè offerto (peraltro in orari molto precisi e limitati) e la serie di eventi organizzati attrae davvero pochi partecipanti (il padiglione francese, tanto per usare un termine di paragone a noi caro, è incredibilmente più vitale ed affollato). E vi è anche poca rappresentanza sia del mondo imprenditoriale (con alcune notabili eccezioni, come ad esempio Enel) sia della società civile.
9. Nella maggior parte dei dibattiti viene incluso un rappresentante dei giovani (youth ambassador) per esprimere le opinioni delle future generazioni. I ragazzi sono supervitali e con un entusiasmo incredibile, ma purtroppo recitano lo stesso canovaccio, che spesso è decontestualizzato e non contribuisce allo sviluppo del pensiero. Puzza molto di qualcosa che si deve fare per essere politicamente corretti, ma senza alcun tipo di visione di lungo periodo.
Insomma, fino ad oggi una COP che brilla solo per l’attivismo del settore privato e che è caratterizzata da una forte presenza delle truppe cammellate americane, che sta schiacciando tutti gli altri. A mio parere, una Conferenza che passerà alla storia – a meno di una sterzata vigorosa nei prossimi giorni – come una delle Cop più sbiadite sbiadite che si ricordino. Un’occasione persa, l’ennesima.