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Ferrara, torna in carica la consigliera leghista che mandava lettere minatorie al vicesindaco: il Comune condannato al reintegro dal giudice

Dopo che la Digos aveva scoperto le minacce di Rossella Arquà al compagno di partito Nicola "Naomo" Lodi, il presidente del Consiglio comunale l'aveva spinta a firmare la lettera di dimissioni sopra un bidone della spazzatura. Lei si è rivolta al giudice amministrativo sostenendo che non fosse stata una scelta libera: il Consiglio di Stato le ha dato ragione. Il sindaco Alan Fabbri parla di "vicenda paradossale" e annuncia ricorsi in tutte le sedi

Il Consiglio comunale di Ferrara dovrà reintegrare Rossella Arquà, la consigliera della Lega che mandava lettere minatorie al vicesindaco (e compagno di partito) Nicola Lodi. E mentre il sindaco Alan Fabbri annuncia che si opporrà in tutte le sedi, per lui sta già arrivando una denuncia per diffamazione aggravata. È il cortocircuito istituzionale che si prepara a vivere la città estense dopo la sentenza del Consiglio di Stato che accoglie il ricorso di Arquà. Per capire la vicenda serve tornare allo scorso giugno: da qualche tempo il vicesindaco, noto con il soprannome di “Naomo”, riceveva lettere minatorie imbucate nella cassetta postale della sede della Lega e inviate in Municipio. Si parla di una decina di buste, due delle quali contengono anche proiettili. La Digos perquisisce la casa di Arquà, fino ad allora considerata una fedelissima del vicesindaco, nonché responsabile organizzativa locale del partito di Salvini. Gli agenti trovano indizi che la identificano come presunta colpevole. In meno di 24 ore i vertici provinciali del Carroccio le chiedono di rassegnare le dimissioni da consigliera e di rimettere le cariche che riveste nel partito. Per “espellerla” dall’assise comunale il presidente del Consiglio, Lorenzo Poltronieri – anche lui leghista – la va a cercare addirittura in mezzo alla strada: in mano ha un foglio già compilato che le fa firmare seduta stante, sopra i bidoni della raccolta indifferenziata.

Pochi giorni dopo, però, Rossella Arquà cambia idea e si affida all’avvocato Fabio Anselmo, storico legale della famiglia di Stefano Cucchi. Sostiene he quelle dimissioni erano il frutto di una scelta “tutt’altro che libera, indipendente e ponderata”, concludendo di avere “tutto il diritto a mantenere la carica. Da qui il ricorso al Tar, che viene bocciato. Ma il Consiglio di Stato ribalta la decisione, condanna il Comune a pagare quattromila euro di risarcimento alla ricorrente e ordina di procedere al reintegro. Una vicenda che per il sindaco Alan Fabbri, anche lui leghista, “è diventata davvero paradossale. Di fatto si tratta di far sedere in un consiglio comunale una persona che ha inviato, per sua stessa ammissione, lettere minatorie con proiettili ad un membro della giunta”, attacca. Annunciando che ricorrerà in tutte le sedi possibili contro la possibilità di “far accedere all’aula consiliare, come niente fosse, chi ha commesso tali atti minatori”: anticipa di volersi rivolgere al “prefetto per dirimere la questione dal punto di vista amministrativo” e alla Procura della Repubblica per “chiudere celermente le indagini” in corso.

La consigliera però non ci sta: “Già da tempo la Procura ha richiesto l’archiviazione per le buste contenenti proiettili che sarebbero arrivate in Comune” fa sapere. Sentita dai magistrati, infatti, Arquà aveva ammesso gli addebiti solo per le lettere trovate nella sede della Lega, e non per le buste contenenti pallottole. Ecco allora l’ultimo risvolto che rischia di far scivolare la questione nel penale: “Avevo già querelato Naomo Lodi per aver detto le stesse cose. Querelerò anche il sindaco perché quello che afferma è ancora più grave dato che lo sa bene che la Procura ha già chiesto da tempo la mia archiviazione. Tornerò in Consiglio Comunale, che piaccia o meno ad Alan Fabbri”.