La presidente della Commissione, Monika Schnitzer, dopo la presentazione del rapporto annuale a Scholz: "Noi come Paese siamo diventati più poveri, qualcuno dovrà pagare e non potranno essere semplicemente solo i nostri figli”
“Qualcuno dovrà pagare e non potranno essere semplicemente solo i nostri figli”. Così la presidente della Commissione di esperti che consiglia il governo tedesco in materia economica, che ha presentato nella settimana appena conclusa il suo rapporto annuale al Cancelliere Olaf Scholz. Un volume di 400 pagine. Ne emerge una congiuntura finanziaria leggermente più ottimistica rispetto alle previsioni, affiancata tuttavia da critiche all’attività della coalizione semaforo che sarebbe intervenuta con sgravi finanziari nella giusta direzione, ma non abbastanza mirati e troppo tardivi.
La professoressa Monika Schnitzer, presidente della Commissione, ha quindi indicato senza remore che per la crisi, appunto, “noi come Paese siamo diventati più poveri, qualcuno dovrà pagare e non potranno essere semplicemente solo i nostri figli”. Gli esperti indicano però che quest’anno l’economia tedesca raggiungerà una crescita dell’1,7% del PIL, cioè lo 0,3% in più rispetto alle previsioni governative. Nel 2023 la recessione appare inevitabile, ma sarà appena dello 0,2%, e non dello 0,4% come delineato dal governo. Pure l’inflazione – l’Istituto nazionale di statistica Destatis a settembre l’ha registrata al 18,7% sui generi alimentari – peserà quantomeno finché durerà la guerra in Ucraina, ma calerebbe in media al 7,4 per cento.
Gli esperti consigliano però un temporaneo aumento dell’aliquota fiscale per i redditi più elevati, o di pretendere un’imposta di solidarietà sui costi energetici che gravi sui privilegiati. Suggeriscono inoltre di dilazionare l’abbattimento della progressione fredda previsto dal ministro delle finanze, il liberale Christian Lindner, di cui in effetti trarrebbero vantaggio prima di tutto i più benestanti. La direzione suggerita è dunque di abbandonare gli interventi a pioggia. Il governo ha deciso che chi guadagna oltre 75mila euro l’anno dovrà sottoporre a tassazione anche il bonus straordinario che verrà erogato per la bolletta del gas di dicembre.
Secca la Fdp – il partito dei liberali – per la quale “in questa situazione dobbiamo piuttosto applicare sgravi”, come sottolinea Lindner. Stessi toni dalla Cdu, principale partito di opposizione, che attraverso Gitta Connemann all’Handelsblatt ha definito gli aumenti delle imposte “lontani dalla realtà e tossici”. Spd e Verdi sarebbero invece favorevoli. La presidente socialdemocratica Saskia Esken, parlando alla Stuttgarter Zeitung e alla Stuttgarter Nachrichten, si è rallegrata che “gli esperti economici nel loro rapporto annuale accolgono le richieste della Spd e propongono di coinvolgere maggiormente nella risoluzione della crisi le persone che guadagnano di più”.
Scetticismo, tuttavia, è stato espresso anche dal presidente dell’istituto economico Ifo, Clemens Fuest, che ha dichiarato alla Rheinsichen Post: “Se in mezzo a una crisi economica si vuole elevare l’imposta sui redditi, bisognerà spiegarlo bene”. Julia Klöckner (Cdu) ha sottolineato ai microfoni della ZdF che “l’aliquota fiscale maggiore scatta già da 60mila euro e caricare maggiormente le persone non è una soluzione, si deve andare alla radice, che sono gli alti costi energetici perché abbiamo troppo poca energia”.
Su questo gli esperti si scontrano dunque apertamente con i ministeri a guida Verde proponendo una maggiore permanenza in rete, oltre il 2023, delle centrali nucleari. La Commissione d’altronde non indica che lasciarle più a lungo in servizio servirebbe senz’altro a far calare sensibilmente il costo dell’energia, quanto piuttosto ad assicurare la stabilità dei rifornimenti. Il Parlamento ha deciso proprio giovedì scorso di lasciare invece in servizio solo tre impianti fino a metà aprile 2023. Una decisione diversa veniva per contro apertamente appoggiata dalla Fdp (che è al governo) e dalla Cdu/Csu (che è all’opposizione). Sarebbe però risultata incompatibile con la mancata esecuzione dei controlli decennali degli impianti, omessi in previsione del fatto che i reattori sarebbero stati tutti spenti alla fine di quest’anno. Il ministero per l’Ambiente, citando la Società federale per lo smaltimento delle scorie radioattive, indica che la ricerca di un deposito definitivo già così si prolungherà prevedibilmente fino almeno alla fine del 2046.
Il rapporto della Commissione ha suscitato l’attesa per l’inizio di battaglie interne al governo e di un test sulla sua tenuta, ma ha un valore consultivo ed è difficile che segni una chiara virata delle politiche della coalizione. Probabilmente o verrà integralmente messo da parte, oppure i partiti prenderanno ciascuno ciò che è in linea con la propria visione programmatica.