Esistono soluzioni sensate per proteggere più o meno bene i propri risparmi dall’inflazione. Una delle più semplici è sottoscrivere i Btp Italia di prossima emissione. Ma non sono quelle che piacciono a banche e cosiddetti consulenti, perché su di esse guadagnano pochissimo o niente.

Per questo indirizzano i risparmiatori in varie direzioni, quasi mai verso quelle giuste. Ad esempio gli propongono investimenti azionari, per il semplice motivo che è il comparto dove i fondi raschiano via più commissioni. Peccato che negli anni di alta inflazione siano stati un disastro. Per allargare il discorso c’è un quiz che passa in rassegna varie alternative: Cosa difende dall’inflazione?. Per le risposte e approfondimenti scrivere a: scienza@gmx.de.

Il colmo dei colmi è però consigliare i cosiddetti piani di accumulo, detti anche Pac, dove la c sta per capitale. Lo ha fatto alle prime avvisaglie di ripresa dell’inflazione Stefano Barrese, alto dirigente di Banca Intesa; si veda un post di questo stesso blog. A ruota si sono accodati con articoli e interviste i tanti amici del risparmio gestito, giornalisti, economisti e pretesi esperti, sul Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera, la Repubblica ecc.

Il Pac è una formula con cui un risparmiatore programma di versare periodicamente la stessa cifra in un fondo comune o altro specifico prodotto finanziario, che siano cento o mille euro al mese. A parte altre considerazioni, tutte negative, è comunque senza senso attivare un Pac per difendere un patrimonio della perdita di potere d’acquisto dovuta all’inflazione. Caso emblematico in negativo è quello di clienti con oltre 100.000 euro sul conto corrente cui Banca Intesa consigliava di iniziare un Pac “anche di soli 50 euro al mese”, cioè neppure 1.000 euro l’anno. Ma così avrebbero lasciato esposto all’inflazione il 99% del loro patrimonio. Per tutelarlo dall’incombente rischio di svalutarsi, bisogna investirne opportunamente gran parte o la totalità, non quisquiglie.

Lo capirebbe un bambino. Ma non importa: gli ordini di scuderia sono quelli, perché è la formula l’ideale per intrappolare psicologicamente il cliente. Quindi “Avanti coi Pac!”. Convengono troppo a banche e venditori porta a porta.

In realtà c’è un vizio d’origine: è la stessa impostazione dei Pac a essere comunque sbagliata, a prescindere dall’inflazione. Essa consiste infatti nel decidere con l’anticipo di anni e anche decenni dove mettere e in particolare a chi affidare propri risparmi. Ma ciò cozza contro un principio basilare e indiscusso della teoria delle decisioni, secondo cui esse vanno prese il più tardi possibile, perché sarà la situazione in cui si avranno più informazioni. Fa sorridere chi chiede ad esempio: “Avrò un rogito dal notaio a fine gennaio 2023. Cosa mi consiglia?”. Ma si vedrà a fine gennaio 2023 quale alternativa apparirà preferibile!

Invece con un Pac uno dovrebbe decidere ora alla cieca dove investirà nel nel 2027, 2032 eccetera e magari anche nel 2042. Cioè per esempio in un determinato fondo, che nel frattempo avrà cambiato gestori, magari politica d’investimento ecc. e soprattutto sarà diverso il contesto economico-finanziario. È una stupidaggine, buona solo per accalappiare e tenere a cuccia i clienti.

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