Sarebbe dovuto partire il 16 gennaio 2023, se ne parlerà almeno sei mesi dopo. È rinviata l’entrata in vigore del contributo d’accesso a Venezia, il sistema di prenotazione a pagamento che nelle intenzioni del Comune dovrebbe sgravare la città lagunare dalle “invasioni” di visitatori oltre una certa soglia. In particolare da parte dei cosiddetti turisti mordi e fuggi, escursionisti che non pernottano nella città storica. Di quale soglia, in realtà, ancora non è dato sapere. Questo, come altri, è uno dei nodi irrisolti alla base del ritardo nell’approvazione del regolamento comunale che avrebbe già dovuto normare il nuovo sistema pensato per gestire i flussi turistici. Ma oltre a vari interrogativi di natura pratica, dietro il rinvio del ticket ci sono divergenze a livello politico nella stessa maggioranza di centrodestra che sostiene il sindaco Luigi Brugnaro, determinato a proseguire sulla strada tracciata, anche se costretto a far slittare l’entrata in vigore del suo progetto. Nel frattempo, anche approfittando delle crepe, si rafforza il fronte dei contrari al ticket d’ingresso, con tanto di assemblee pubbliche partecipate e una manifestazione di protesta in vista.
Allo stato, dunque, nessuno sarà obbligato a prenotare per visitare Venezia, tanto meno pagando. Scontato, quindi, che entro l’estate prossima si ripresenteranno “calate” da tutto esaurito, quanto meno nelle giornate da bollino rosso, in coincidenza con le festività. Un po’ come accaduto durante il Ponte di Ognissanti, quando la città lagunare ha dovuto sopportare quasi 500mila arrivi in pochi giorni. La questione, però, rimane sul tavolo. Anzi, su più tavoli, dal momento che anche il neoministro della Cultura Gennaro Sangiuliano è intervenuto in merito, promettendo di esprimersi dopo aver studiato il dossier veneziano. “È un tema che va affrontato perché mette a rischio le stesse città”, ha detto riferendosi al problema del sovraffollamento nelle città d’arte.
Dietro lo slittamento del via al ticket, come spiegato dall’assessore al Bilancio e ai Tributi Michele Zuin, c’è anche la mancata comunicazione, necessaria per informare adeguatamente i potenziali visitatori sul nuovo tributo. Proprio a questo scopo sono stati inseriti a bilancio i fondi per la campagna informativa a livello mondiale: 1,2 milioni euro acquisiti da un bando dello Stato. Tra i motivi del ritardo ci sono anche questioni puramente pratiche, come per esempio l’accordo da trovare con i vettori (come treni e compagnie aeree) per il pagamento del tributo. Per non parlare della presenza o meno di tornelli ai varchi principali della città, al momento non previsti ma non del tutto esclusi. E ancora, dei controlli all’ingresso, della privacy relativamente al codice a barre previsto per accedere e della gestione degli ospiti dei residenti, da registrare e segnalare.
Ma il vero nodo resta l’esenzione dei veneti. Nelle intenzioni del Comune, infatti, il biglietto d’ingresso dovrebbe variare da 3 a 10 euro in base alla giornata (da meno a più “calda” come afflusso previsto), con l’esclusione di residenti, lavoratori, studenti, under 14, proprietari di seconde case e turisti pernottanti. Un tributo studiato dichiaratamente per “scoraggiare” l’afflusso di visitatori oltre la soglia da definire: un deterrente, più che un divieto di accesso imperativo (non a caso l’intero sistema dovrà evitare di cozzare con norme superiori relative alla libertà di circolazione). La Regione vorrebbe sempre esentati e senza alcun onere i residenti. Il Comune, invece, come più volte ribadito dal sindaco Brugnaro, prevede di esentare i veneti solamente entro il raggiungimento della soglia giornaliera di carico. Superata la quale, anche i veneti sarebbero chiamati a contribuire. Una posizione che la Giunta regionale vede come fumo negli occhi, in particolare da parte dell’assessore al Turismo Federico Caner (Lega), che in più occasioni ha ribadito espressamente la sua contrarietà parlando di “questione identitaria”.
Una partita spinosa per il sindaco Brugnaro, che oltre ai dissidi con la Lega ha incassato la presa di posizione in senso contrario di Raffaele Speranzon, ex consigliere regionale e neoeletto senatore di Fratelli d’Italia, partito con il vento in poppa al momento. “Ticket da ripensare, il turismo di massa a Venezia va gestito ma ho perplessità sulla cura scelta: complica la vita dei residenti”, le sue parole. Pesanti, come quelle dello storico titolare dell’Harry’s Bar Arrigo Cipriani, che ha bocciato nettamente il ticket d’ingresso (“Ho un’idea completamente diversa di città”).
Se nel centrodestra non c’è concordia sul nuovo tributo, dalle opposizioni invece arriva un netto no. Anche se con sfumature diverse. Non tutti, infatti, bocciano il sistema di prenotazione in sé, puntando il dito solo contro il pagamento richiesto ai visitatori e accusando la Giunta di voler “fare cassa”.
In generale, però, si compatta un fronte di opposizione che contesta lo strumento scelto e la deriva di una città sempre più “museo”, se non “parco a tema”. Negli ultimi mesi è sorto un movimento non solo politico ma anche cittadino contro il contributo d’accesso. Lo scorso 21 settembre oltre 500 persone si sono ritrovate al Mercato di Rialto per un’assemblea pubblica. Lo stesso è avvenuto venerdì 11 novembre, quando la Municipalità di Venezia-Murano-Burano (schierata contro) ha organizzato una partecipata assemblea sul ticket alla Scoletta dei Calegheri, a San Tomà. Sabato 19 novembre è previsto un corteo di protesta da campo Santa Margherita a campo Manin. “Vogliamo davvero chiamare soluzione un progetto che da un lato dice di voler migliorare la vivibilità della città, ma che rappresenta solo una fortissima limitazione alla libertà e alla privacy di chi abita a Venezia?”, sono le parole degli organizzatori. Un tema molto delicato, in una città tanto speciale quanto fragile.