Il fenomeno è soprattutto carsico, ma negli ultimi giorni è diventato più visibile. Sono ormai decine gli eletti Pd che hanno deciso di traslocare verso il polo centrista di Azione e Italia viva, complice il caos post-elettorale in casa dem. Si tratta più che altro di amministratori locali poco noti, che però – messi tutti insieme – mostrano ormai una tendenza opposta a quella che si era registrata durante il governo Conte II, quando il progetto di Iv sembrava destinato al naufragio. Il nome che ha fatto più “rumore” è quello di Giuseppe Ferrandino detto Giosi, ex sindaco di Ischia e Casamicciola, eletto europarlamentare nel 2019 con 83mila preferenze nelle liste dem. Il 9 novembre ha traslocato dal gruppo dei socialisti e democratici a quello di Renew europe, la famiglia europea di Renzi e Calenda. E ha spiegato la scelta così: “Ci si limita a rincorrere le posizioni di altri, a cominciare dal M5s. Abbiamo perso contatto e affinità con l’elettorato perché oggi il Pd non è più custode di nessuno dei valori su cui è stato fondato. Aderisco al terzo polo, quel laboratorio che oggi offre una prospettiva nuova a chi, come me, crede nel riformismo come strumento di trasformazione della società. È una sfida nuova, stimolante, che mi farà ritornare l’entusiasmo che il Pd mi ha fatto perdere”.

Domenica invece è stato il turno di Andrea Ballaré, sindaco Pd di Novara dal 2011 al 2016, poi sconfitto nella corsa al secondo mandato e consigliere di opposizione fino all’anno scorso, sempre tra le file dei dem: ha scelto di approdare ad Azione, annunciando il passaggio in una conferenza stampa in un bar del centro. Verso Italia viva invece il salto fatto venerdì da Francesco Casini, sindaco di Bagno a Ripoli, comune fiorentino a una manciata di chilometri da Rignano sull’Arno, casa di Matteo Renzi. “Mi sento perso in un partito che su temi cruciali per il Paese non solo non ha una visione comune, ma lancia anzi messaggi fortemente contraddittori. Che non ammette nemmeno la propria sconfitta alle urne. E che anziché rispondere immediatamente al proprio elettorato sceglie di tentennare sei mesi prima di andare a congresso. Sono da sempre un riformista convinto”, ha scritto ai propri concittadini, e Iv “è l’unica casa possibile per i riformisti e dove sono convinto di ritrovare quel “fuoco” per la politica che stavo perdendo”. Sempre a Firenze, nel capoluogo, lo stesso trasloco lo ha fatto il 5 novembre la vicepresidente del consiglio comunale Barbara Felleca: il Pd “ha perso il contatto con la gente” e “non ha saputo raccogliere la sfida culturale e politica della destra, alla quale abbiamo permesso di rivendicare come propri temi che appartengono invece alla nostra tradizione. La meritocrazia, prima di tutto”, ha scritto, anche lei in una lettera aperta.

Andando indietro di qualche settimana troviamo poi Carmine Pacente, consigliere comunale di Milano e presidente della Commissione Fondi europei e Pnrr. “Aderisco ad Azione e lascio il Pd: auguri per il congresso, ma insieme a tanti amici crediamo resteranno ancora irrisolti i nodi di fondo di questi anni”, ha twittato il 21 ottobre. Subito festeggiato da Carlo Calenda: “Benvenuto a Carmine, persona preparatissima in particolare sui finanziamenti europei. Ci aiuterà anche a livello nazionale su monitoraggio Pnrr”. Lo stesso percorso fatto quest’estate da Gianni Pittella, l’ex vicepresidente del Parlamento europeo fortissimo in Basilicata. Un esodo silenzioso dal Pd che si affianca allo svuotamento di Forza Italia realizzato la scorsa estate, con gli approdi ad Azione delle ex ministre Mariastella Gelmini e Mara Carfagna (oltre ad Andrea Cangini) e dei loro corposi pacchetti di voti. Ma persino dall’ala moderata e “giorgettiana” della Lega, riferiscono fonti ben informate, più di qualcuno ci sta pensando. Un’ondata di adesioni (e di contropartite) che Renzi e Calenda dovranno essere bravi a gestire.

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