Avevano prodotto informative piene di “carenze e lacune” in cui accusavano di una serie di reati il collega, Antonio Lubrano, comandante della sezione di polizia giudiziaria della Guardia di finanza della procura di Marsala. Da queste erano scaturiti dei processi a suo carico dai quali però è stato assolto. Dopo l’assoluzione, Lubrano ha depositato una denuncia contro ignoti per calunnia, falso e maltrattamenti. Denunce che adesso sono da archiviare, anche perché incombe la prescrizione, anche se sarebbe opportuno valutarle “sotto il profilo disciplinare”, scrivono le pm di Trapani, Eleonora Sciorella e Giulia Signaroldi nella richiesta di archiviazione. Alla quale si è però opposto Lubrano, nella qualità di parte offesa, così che ora sarà la gip Caterina Brignone a dovere decidere il prossimo 22 febbraio (data della prossima udienza) sulla guerra intestina che da anni si consuma all’interno della Guardia di finanza di Trapani. Una guerra andata avanti a colpi di denunce e sulla quale ci sono ancora poche certezze, tranne una: l’informativa che accusava Lubrano fosse “gravemente carente” come è stato ormai ribadito da più giudici. Pure dalle pm che adesso chiedono l’archiviazione per gli autori dell’informativa.

Ma partiamo dall’inizio. Antonio Lubrano dal 1995 entra a far parte della polizia giudiziaria della procura di Marsala, che tre anni dopo sarà chiamato a guidare. Sotto la guida del procuratore Antonino Sciuto e poi di Alberto Di Pisa, la squadra di polizia giudiziaria svolge numerose indagini a carico di appartenenti alle forze di polizia, finanzieri compresi. Vent’anni di indagini che hanno coinvolto pure le Forza dell’Ordine da Pantelleria a Castelvetrano. Di Pisa va in pensione il 31 dicembre del 2015. Pochissimi giorni prima, esattamente il 3 dicembre, era arrivato un esposto anonimo che contiene accuse nei confronti di Lubrano. L’esposto dà il via a un’indagine della procura militare con delega al comandante provinciale della Guardia di finanza di Trapani, Pasquale Pilerci, che a sua volta delega il comandante di polizia tributaria, Michele Ciarla. Le indagini vengono svolte da luglio ad agosto del 2016 e si concludono con tre annotazioni inviate alla procura militare di Napoli e alla procura di Marsala in cui si accusa Lubrano di vari reati: dal falso ideologico al traffico di influenze illecite fino alla rivelazione di segreti d’ufficio.

Le accuse mosse dai vertici della Guardia di finanza di Trapani portano all’apertura di diversi procedimenti penali. Alcuni vengono archiviati, come quella per traffico di influenze illecite, per il quale il gip chiede l’archiviazione segnalando che le “relative notizie di reato appaiono prima facie infondate”. Stesso esito per le indagini per rivelazione di segreto d’ufficio, mentre l’accusa di reato di falso ideologico “è stata formulata sulla base di frasi del tutto modificate rispetto al contenuto effettivo delle conversazioni telefoniche dell’omissione di conversazioni che avrebbero consentito facilmente di pervenire ad una diversa ricostruzione della vicenda, di un’errata collocazione temporale delle conversazioni trascritte (così da indurre ad una erronea ricostruzione del succedersi degli accadimenti)”, scriverà il gip Gianlugi Visco, del tribunale militare di Napoli ricostruendo la vicenda.

In totale sono cinque i procedimenti penali mentre per due volte è stato avviato un procedimento finalizzato alla sospensione dal servizio di Lubrano: tutte accuse cadute, in qualche modo. Così, dopo archiviazioni e assoluzioni, l’ex responsabile della polizia giudiziaria di Marsala decide di sporgere denuncia contro ignoti denunciando calunnia, falso ideologico, accesso abusivo ai sistemi di intercettazione, abuso d’ufficio e maltrattamenti. L’esposto era contro ignoti ma il gip di Napoli e la Procura di Trapani misero sotto inchiesta i colonnelli Pilerci, Ciarla e il comandante del Gruppo di Trapani, Lorenzo Vanella. Le accuse però non vengono confermate da altri colleghi di Lubrano: le pm di Trapani decidono quindi di chiedere l’archiviazione. Secondo le inquirenti non c’è stato dolo e non sono “emersi sufficienti ed idonei elementi per sostenere efficacemente l’accusa in giudizio e che, in ogni caso, in relazione alle più risalenti condotte di falso ideologico e calunnia, l’azione penale non potrebbe neppure più utilmente essere esercitata essendo ormai prossima la prescrizione dei suddetti reati”. Ma allo stesso tempo le due sostitute sottolineano “l’opportunità che le indubbie carenze e lacune riscontrate nell’operato dei militari coinvolti nell’attività di indagine confluita nell’informativa, vengano sottoposte all’attenzione degli organi del corpo di appartenenze e accuratamente valutati sotto il profilo disciplinare”. Una vicenda complessa sulla quale ora pende la decisione della gip Brignone che si esprimerà il prossimo 22 febbraio.

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