La storia di Francesco è molto semplice. Francesco nasce 15 anni fa in un ospedale napoletano e, dopo una battaglia con la vita durata circa sei mesi, viene adottato da una famiglia che lo aveva iniziato ad accudire durante la sua lunga degenza nel reparto di neonatologia.
Francesco si dimostra da subito un guerriero e la sua famiglia degli eroi; eroi contemporanei, sconosciuti ai più ma degli eroi. Come ripete la sua mamma, “nessuno credeva in Francesco e in quello che sarebbe riuscito ad essere”. Infatti il piccolo riesce in quattro anni a deglutire e nel doppio del tempo a camminare.
Francesco va a scuola in un quartiere centrale della città di Napoli e nella scuola incontra insegnanti straordinari che credono in lui e collaboratori che lo supportano. Tutto questo fino all’anno scorso, quando tristemente Francesco inizia a tornare a casa inzuppato di pipì. La sua famiglia chiede un chiarimento alla scuola fino a quando, esausta e mortificata, decide qualche giorno fa di ritirare il ragazzo. Sua sorella adottiva, ormai divenuta tutrice legale di Francesco, con la civiltà delle persone perbene si autodenuncia con una lettera che invia a tutte le autorità competenti.
Francesco non può più tornare a casa come uno straccio sporco, Francesco non deve più vedere violata la sua integrità e dignità di essere umano in questo modo. E’ evidente per molti ma non per tutti. Adesso qualcuno si adopererà per Francesco, qualcuno dovrà spiegare alla sua famiglia come è possibile che un ragazzo che frequenta la scuola per circa tre ore al giorno debba sopportare anche l’onta del mancato accudimento personale. Prendersi cura di un ragazzo disabile è impegnativo, prendersi cura di Francesco è forse anche faticoso, ma se provaste anche voi a guardare il mio piccolo amico guerriero nei suoi occhi profondi scoprireste che lì dietro c’è una vita. E’ proprio questo che forse è accaduto, qualcuno non si è accorto che Francesco è vivo.
Scusami Francesco, anzi scusaci per tutte le volte che non ti abbiamo visto né sentito affianco a noi. In questa storia perdiamo tutti, in questa triste vicenda dovremmo tutti iniziare a chiedere scusa e a riprendere a fare il nostro dovere. Altrimenti, come è accaduto, rimane solo la barbarie della violenza morale e l’angoscia della solitudine e della esclusione. Con un pantalone desolatamente bagnato di pipì a testimoniarlo.