“La proposta di Fratelli d’Italia, da sempre, è l’istituzione di un ministero del Mare che possa mettere insieme tutte le competenze, sia che riguardino la cantieristica che le infrastrutture portuali. Questo potrebbe fare la differenza sul piano della ricchezza e dello sviluppo del territorio”. Così nel 2018 Giorgia Meloni spiegava l’insistenza per un ministero dedicato all’economia del mare, una battaglia che pochi mesi dopo avrebbe trasformato in una proposta di legge a sua prima firma: in quel testo proponeva di attribuire al nuovo dicastero tutte “le funzioni e i compiti che hanno un collegamento con il mare”, tra cui quelle sui porti, sulla pesca e sul turismo, che all’epoca, scriveva la leader di FdI, erano “ripartite diversi ministeri senza quella necessaria e doverosa visione comune e univoca delle problematiche legate alla vita in mare”. Una volta diventata premier, però, si è dimenticata di tutte quelle argomentazioni. Infatti, pur avendo formalmente annunciato un “ministero per le Politiche del mare e per il Sud”, ha lasciato il neo-ministro, l’ex governatore siciliano Nello Musumeci, senza portafoglio (cioè risorse proprie e capacità di spesa) e senza le deleghe più importanti, attribuite in ordine sparso ad altri dicasteri, secondo la stessa identica dinamica che criticava anni fa.
In appena venti giorni, il ministero ha già perso perfino una parte del nome. Nel Consiglio dei ministri del 10 novembre infatti sono stati “rimodulati” gli incarichi dei dicasteri senza portafoglio, con le competenze per il Sud (comprensive di tutti gli investimenti del Pnrr) trasferite al dicastero degli Affari europei guidato da Raffaele Fitto. In cambio Musumeci ha avuto il titolo di ministro per la Protezione civile, delega finora gestita direttamente da palazzo Chigi, che va ad aggiungersi a quella per le Politiche del mare. La quale però, a sua volta, è rimasta sostanzialmente vuota: Musumeci non si occuperà di gestione di porti e della Guardia costiera, rivendicate dalle Infrastrutture di Matteo Salvini, né della pesca, affidata al ministero dell’Agricoltura di Francesco Lollobrigida, e nemmeno del turismo, tutto nelle mani di Daniela Santanché. Sotto la sua responsabilità, oltre ad alcune deleghe minori, resta solo la grossa patata bollente del demanio marittimo, che si porta dietro le concessioni balneari che dovranno essere messe a gara entro il 2024. Un cerino rimasto in mano all’ex presidente della Regione siciliana, che forse paga lo scontro di queste ore con i “meloniani” nella formazione della nuova giunta di Renato Schifani: la sua corrente infatti punta a strappare più posti da assessore possibile, anche a scapito dei nomi imposti da Roma.