E’ la coda il simbolo energizzante di tanti che si ritrovano stipati per agguantare la prova del nove della propria esistenza: l’ultimo telefonino o gioco o pc. Qualunque trofeo che la forza della pubblicità costruisce e consegna alla nostra intelligenza mendicante, impoverita, svuotata di ragioni per le quali ha senso mettersi in coda.

L’altra fila, che è l’altra faccia di una società così esile, prova invece la recrudescenza della povertà. Il bruco umano davanti ai luoghi in cui la povertà si fa miseria e l’onta della vergogna viene vinta dall’urgenza del bisogno, dalla necessità di un pezzo di pane.

Pane Quotidiano (a cui anche la fondazione del nostro giornale destina un contributo) è lo snodo più conosciuto di Milano, il marciapiedi più lungo d’Italia. Ma Torino, Napoli, Roma, Palermo e mille altre città e paesi sono abitati da concittadini che non ce la fanno più.

E’ il ritratto di un’Italia diseguale, dove la povertà si allarga parallelamente all’ampliamento della ricchezza: due fiumi che scorrono paralleli. Oltre ai ricchi, che gonfiano il petto e la pancia, ci sono quegli altri, non i poveri, quelli per i quali stare in coda nell’inseguimento dell’ultimo oggetto di cult è il principio e il destino di una vita intera.

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