Crisi? Quale crisi? Per chi di soldi ne ha tanti la crisi non arriva mai, o quasi, e l’inflazione è alla peggio argomento di discussione, mai un problema reale. Una conferma indiretta arriva dai dati dell’osservatorio Altagamma sulle vendite di beni di lusso. Dai dati emerge che il 2022 sarà un anno record a livello globale con una crescita del 21% oltre quota 1.400 miliardi di dollari. Una corsa favorita sia dall’incremento dei prezzi sia dall’aumento della quantità di prodotti comprati. Secondo lo studio lo scenario si prospetta roseo anche per il 2023, con una marginalità in crescita del 6% e fino all’8% per le aziende il cui target è composto esclusivamente da consumatori di fascia più alta, i super ricchi che le banche che ne amministrano i patrimoni chiamano Ultra High-Net Worth Individuals. Questi risultati, spiega il rapporto, si inquadrano all’interno di un percorso che “si prevede di crescita anche nel lungo termine: nel 2030 il valore di mercato dei personal luxury goods dovrebbe salire a circa 540-580 miliardi (+60% o più rispetto al 2022). Nel 2022 alcune imprese hanno alzato i prezzi, tenendo sotto controllo l’aumento dei costi, generando margini più alti rispetto a quelli previsti per il prossimo anno”, viene spiegato nello studio. “Nel 2023 la crescita sarà trainata principalmente dall’aumento dei prezzi e dal miglioramento dei mix di vendita. I volumi avranno una crescita più contenuta rispetto agli anni precedenti e la possibile difficoltà a tenere sotto controllo i costi limiterà la potenziale crescita dell’Ebitda (i profitti, ndr)“.
Si riconferma la leadership degli accessori: +8,5% per la pelletteria e +7% per le calzature. Abbigliamento (+6%) e cosmesi (+5,5%) confermano il tasso di crescita del 2022. La cosmesi in particolare è trainata dall’Asia. Gli acquisti in gioielleria registrano un +8% mentre gli orologi si limitano ad un +5% e proseguono nel rafforzare il “fatto a mano” o la ricerca del pezzo unico. A livello geografico, l’Europa si stima in crescita del 5%, grazie all’aumento dei viaggi internazionali (soprattutto dagli Usa, grazie al cambio euro-dollaro favorevole, ma anche dai Paesi Arabi) che compenseranno la più debole domanda interna. Anche per gli Stati Uniti, con lo sviluppo di nuovi territori e una domanda interna più forte che in Europa, si prevede una crescita del 5%. In aumento America Latina e Giappone (+6%), mentre Cina e Asia sono più difficili da stimare. In particolare in Cina le politiche sul lockdown “potrebbero portare effetti imprevisti”. Il mercato dovrebbe comunque beneficiare di un’apertura e, grazie all’effetto di rimbalzo, i consumi potrebbero crescere del 9%. Per il Medioriente si prevede un +7%, con aree come gli Emirati Arabi (ma anche la Turchia) che – non avendo imposto sanzioni – si stanno avvantaggiando dei consumi dei russi. Per il made in Italy “ci sono ancora grandi spazi di crescita” e “intendiamo operare congiuntamente con corpi intermedi e associazioni per consolidare i fondamentali della nostra industria di eccellenza, sostenerla nello sviluppo e promuoverla in tutto il mondo”. Lo ha detto il ministro delle Imprese e del Made In Italy (ex Sviluppo Economico), Adolfo Urso, in occasione della presentazione del rapporto.