I gruppi GM e Volkswagen hanno sospeso le campagne promozionali sul social network dopo l’acquisizione da parte del patron dell'azienda automobilistica californiana. Come il colosso americano, Cupra e Audi hanno anche sospeso i tweet
Reazioni a catena su Twitter dopo l’acquisizione della piattaforma da parte di Elon Musk per 44 miliardi di dollari. La cancellazione dal listino, le polemiche sulla spunta blu a pagamento (che finora attestava l’attendibilità del profilo) e i licenziamenti in massa sono solo una parte dei problemi che il nuovo e controverso proprietario deve affrontare.
Mentre non è ancora chiaro se ci sia o meno un esodo dal servizio, dopo diversi Vip, anche alcune case automobilistiche hanno preso le distanze dal popolare social network. Per il momento in maniera precauzionale.
La statunitense General Motors ha sospeso ogni tipo di operazione commerciale attraverso il canale di Musk, così come hanno fatto tutti i marchi del gruppo Volkswagen. Non è naturalmente dato sapere quanto costino a Twitter queste decisioni in termini di fatturato. Le meno restrittive norme che il proprietario di Tesla intende adottare nella gestione della piattaforma preoccupano i costruttori che temono di venire abbinati a “cinguettii” che rischiano di costare molto in termini di immagine. Musk si era autodefinito un “assolutista della libertà di parola”: ma le parole hanno un peso, soprattutto all’interno delle grandi comunità social.
Ci sono case che si sono spinte oltre la sospensione delle attività inserzionistiche. General Motors, Audi e Cupra hanno anche smesso di impiegare Twitter per le proprie comunicazioni. L’ultimo tweet del costruttore americano risale al 27 ottobre, mentre i catalani di Cupra (71.000 follower) sono muti dal giorno successivo: una posizione singolare, visto che Seat, che ha però un universo digitale meno esteso, continua la consueta gestione del proprio profilo. Il “boicottaggio” da parte della casa dei Quattro Anelli, che contabilizza 600.000 seguaci, è scattato con il 2 novembre.
Le prossime settimane diranno se una delle possibili piattaforme rivali, tipo Mastodon, intercetterà il malcontento per la gestione dell’acquisizione e la sua ventilata amministrazione dei contenuti, senza filtri. I conti preoccupano Musk, che ha perfino ammonito il personale circa i rischi di una bancarotta. Che i rivali automobilistici del tycoon di origine sudafricana possano perfino supportarlo nell’impresa di stabilizzare le finanze di Twitter (le cui entrate dovrebbero peraltro dipendere molto meno dalla pubblicità) sarebbe quantomeno curioso. Ma se il progetto di Musk di creare una sorta di app universale per qualsiasi funzione dovesse andare in porto è probabile che non avvenga alcuna diaspora. Del resto, entro il 2028, il manager punta a quasi un miliardo di utenti.