I cronisti avevano riferito sulle rispettive testate della causa di lavoro intentata contro Bellanova dal suo ex addetto stampa Maurizio Pascali, che l'aveva citata in giudizio per vedersi riconoscere il giusto inquadramento contrattuale (ottenendo in Appello un risarcimento di cinquantamila euro). L'esponente renziana li aveva trascinati in giudizio per diffamazione. Il legale: È una sentenza che consacra puntualmente la libertà di esercitare, correttamente, il diritto di cronaca"
Il giudice del Tribunale di Lecce ha assolto “perché il fatto non sussiste” i tre cronisti Mary Tota, Danilo Lupo e Francesca Pizzolante, imputati di diffamazione dopo la querela dell’ex ministra di Italia viva Teresa Bellanova. I giornalisti avevano riferito sulle rispettive testate (ilfattoquotidiano.it, La7 e Il Tempo) della causa di lavoro intentata dal suo ex addetto stampa Maurizio Pascali, che l’aveva citata in giudizio per vedersi riconoscere il giusto inquadramento contrattuale (e la giusta retribuzione) per i tre anni in cui aveva lavorato al suo servizio come partita Iva. Una richiesta ritenuta fondata dalla Corte d’Appello leccese, che a settembre ha condannato Bellanova e il Pd locale a risarcirgli un totale di cinquantamila euro.
Nel frattempo però l’esponente di Iv aveva trascinato in Tribunale sia il suo ex collaboratore sia i tre cronisti che gli avevano dato voce. E il 19 ottobre scorso il pm onorario aveva avanzato la sorprendente richiesta di un anno di reclusione per Pascali e sei mesi ciascuno per Tota, Lupo e Pizzolante, suscitando l’indignazione della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, che aveva ricordato come persino la Corte costituzionale avesse “riconosciuto l’inammissibilità del carcere per il reato di diffamazione, considerandolo un pesante deterrente nei confronti del diritto di cronaca”.
Il giudice ha invece deciso per tutti l’assoluzione piena. “È una sentenza che consacra puntualmente la libertà di esercitare, correttamente, il diritto di cronaca. L’insussistenza delle accuse mosse ai tre giornalisti, così come ritenuta dal giudice, consentirà loro di continuare a svolgere con ritrovata serenità e con la nota tenacia, il mestiere, difficile quanto esaltante, di cronista. Alla soddisfazione per il risultato giudiziario, si accompagna così la rassicurante ratifica della intangibilità dei “fondamentali” scolpiti nell’art.21 della Carta costituzionale”, commenta il difensore dei tre cronisti, Roberto Eustachio Sisto (Pascali era invece assistito da Alessandro Stomeo).