Prosegue la costosissima telenovela di Ita Airwais/Alitalia. Tutto secondo il copione tradizionale: mantenere in vita ai danni dei contribuenti il carrozzone pubblico inefficiente (utile solo per politiche consociative) e ormai privo di ruolo sul mercato del trasporto aereo, anche domestico. La rivoluzione, che doveva avvenire con la nascita di Ita sulle ceneri di Alitalia, c’è stata, ma in senso contrario.

Se prima Alitalia perdeva un milione al giorno, ora ne perde quasi due con l’aggravante che gestisce la metà della flotta della vecchia compagnia di bandiera. A questi costi vanno aggiunti quelli incalcolabili, senza fine, della cassa integrazione a cui è stato aggiunto un esercito di addetti con la nascita di Ita per la fantomatica vendita. Ita in amministrazione controllata, nel 2017 per evitare il fallimento alla fine nel 2021, è stata pubblicizzata per essere risanata e poi venduta dal Ministero dell’Economia, attuale unico azionista.

Da sempre l’appeal corporativo di Alitalia ha tenuto insieme i vari governi che si sono succeduti, compresi quelli a guida 5stelle, tutti i partiti dall’estrema sinistra a Fratelli d’Italia. In questi giorni il Ministero dell’Economia ha autorizzato un aumento di capitale da 400 milioni per la controllata Ita Airways, la seconda tranche dei complessivi 1,35 miliardi che hanno avuto il via libera dalla commissione Ue. Questo è il risultato di una lunga trattativa di vendita gestita malissimo da un litigioso consiglio d’amministrazione di Ita. Metà voleva vendere alla Msc-Lufthansa e l’altra metà al fondo americano Certates Air France, KLM e Delta, che ha portato alle dimissioni del presidente Alfredo Altavilla.

Dopo le costose e fallimentari mosse dei capitani coraggiosi con la privatizzazione parziale del 2008, la joint venture con Ethiad del 2014, l’amministrazione controllata del 2017, per evitare un nuovo fallimento e la pubblicizzazione del 2021, ora si sta assistendo al teatrino della pseudo vendita di Ita (il presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha mai nascosto la volontà di non vendere la compagnia di bandiera facendo prevalere un generico quanto obsoleto interesse nazionale).

Il bando di gara per la vendita ora rinviato con la rottura (ingiustificata) del negoziato in esclusiva con il fondo Certates ha di nuovo incrinato la credibilità internazionale del nostro governo. Mario Draghi aveva lasciato una eccessiva discrezionalità al ministero dell’Economia che poteva cedere poche quote azionarie ai privati per mantenerne il controllo pubblico e affidando al presidente di Ita, competenze e ruoli che permettono di dire l’ultima parola sulle decisioni strategiche (clientelari) ancora allo Stato. La prossima tappa della telenovela sarà a marzo quando i contribuenti dovranno mettere nuovamente mano al portafoglio per tenere in vita Ita Airways con altri 250 milioni di euro visto che non sarà ancora venduta.

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