Mondo

Perché l’attentato di Istanbul gioca in favore di Erdogan: dallo scontro interno col partito filo-curdo alle pressioni su Svezia e Finlandia

L'attentato di domenica 13 novembre a Istanbul ha sconvolto la Turchia. Tuttavia il Sultano potrebbe trarre vantaggio da quanto accaduto: dalla partita con l'Hdp alla volontà di rimpatriare i siriani fino ai rapporti con Svezia e Finlandia in chiave anti-curda

A poche ore dallo scoppio della bomba nella via dello shopping di Istanbul le autorità turche hanno arrestato Ahlam Albashir, una donna di nazionalità siriana che avrebbe rivelato di essere stata addestrata dal Partito dei lavoratori curdi (Pkk) e dalle milizie curdo-arabe della Siria (Ypg), Paese quest’ultimo da cui sarebbe arrivato l’ordine di colpire. Sia il Pkk sia le Ypg si sono detti estranei alla vicenda, affermando di non essere in alcun modo coinvolti in quanto accaduto a Istanbul e condannando a loro volta l’attacco. Al momento le indagini sono ancora in corso e mancano le prove a sostegno delle affermazioni delle autorità turche – sempre propense a mettere al primo posto nella lista degli indiziati le formazioni curde – ma intanto è facile immaginare quali conseguenze questo attacco avrà sia a livello interno che internazionale.

L’esplosione in via Istiklal arriva poco dopo l’avvio di una trattativa tra Erdogan e il partito filo-curdo Hdp per l’approvazione di un emendamento della Costituzione pensato per tutelare definitivamente il diritto delle donne a indossare il velo e per proteggere i valori tradizionali della famiglia. Una trattativa che ha ricevuto l’appoggio per niente scontato del leader del partito nazionalista Mhp, Devlet Bahceli, noto per la sua strenua opposizione contro la formazione curda. Questo primo avvicinamento all’Hdp avrebbe potuto aprire la strada per un più ampio dialogo sulle prossime elezioni, in occasione delle quali il partito filo-curdo dovrebbe giocare un ruolo decisivo. L’Hdp, secondo i sondaggi, potrebbe ottenere il 10% delle preferenze, per cui il presidente ha tutto l’interesse nel negoziare con i curdi per ottenere dei vantaggi sul piano elettorale, a discapito della coalizione creata da sei diversi partiti di opposizione proprio per mettere fine al suo governo. Dopo l’attentato, però, è altamente improbabile che le trattive continuino ed è anzi facile aspettarsi nuove misure contro l’Hdp, già a rischio chiusura con l’accusa di legami con il Pkk, considerato dalla Turchia un’organizzazione terroristica. Il rischio però è anche che si moltiplichino gli attacchi contro le sedi del partito e contro i suoi rappresentati, come già successo in passato.

Ma a pagare le conseguenze dell’attacco sarà anche la generalità della popolazione civile, i cui diritti sono stati costantemente limitati nel corso degli ultimi anni da una serie di leggi che hanno ridotto gli spazi di espressione del dissenso nei confronti del governo, anche online. Inoltre, il fatto che la donna accusata di aver fatto esplodere l’ordigno sia di nazionalità siriana complica ulteriormente il quadro. L’odio nei confronti dei rifugiati è costantemente aumentato negli ultimi anni e diversi partiti stanno cavalcando questo sentimento xenofobo per guadagnare voti nelle prossime elezioni. Lo stesso Erdogan di recente aveva annunciato il rimpatrio di almeno un milione di rifugiati nella Siria del nord per alleggerire il peso che grava sulla Turchia, ma il piano non è stato ancora attuato a causa dell’opposizione della Russia e del presidente siriano, Bashar al Assad. Dopo l’attentato l’odio verso i siriani potrebbe aumentare ulteriormente, con conseguenze negative sul piano sociale, ma è anche probabile che Erdogan usi questo attacco al cuore di Istanbul per fare pressioni su Mosca e per lanciare quella nuova operazione contro la Siria del nord rimasta in sospeso da mesi. Il coinvolgimento, secondo le autorità turche, del Pkk giustificherebbe invece attacchi più intensi contro i miliziani curdi attivi nell’Iraq del nord, contro i quali sarebbero state utilizzate anche delle armi chimiche in uno degli ultimi raid.

Ma l’attacco avrà conseguenze anche fuori dal Medio oriente. Erdogan chiede da mesi a Svezia e Finlandia di assumere un atteggiamento più severo nei confronti dei curdi e di interrompere ogni legame con il Pyd, il partito attivo nella Federazione del Nord della Siria, attraverso l’approvazione di apposite normative sulla sicurezza nazionale. Fino ad ora i due Paesi scandinavi avevano mosso alcuni passi in direzione del presidente turco, ma senza soddisfarne appieno le richieste. Adesso, Erdogan avrà nuovi elementi su cui puntare per ottenere da Stoccolma ed Helsinki ciò che vuole, in cambio della loro adesione alla Nato, con un ritorno anche in termini elettorali.

Intanto però l’esplosione ad Istanbul ha riacceso le tensioni tra Turchia e Usa, dopo che il ministero dell’Interno turco ha respinto il messaggio di cordoglio arrivato da Washington e accusato il governo americano di sostenere i terroristi, ossia le milizie curdo-arabe della Siria del Nord. Ankara chiede da tempo agli Usa di interrompere ogni rapporto con l’Amministrazione autonoma del Rojava e con le Ypg/Ypj, ma ad oggi le rimostranze turche sono rimaste inascoltate. La situazione attuale permetterà ad Erdogan di fare nuove pressioni da una posizione di maggiore forza e sono diversi i dossier su cui potrebbe puntare, oltre all’interruzione delle relazioni con i curdi siriani. Ankara è in attesa dello sblocco alla vendita dei caccia F-16, ma a preoccupare Erdogan sono anche le indagini federali Usa contro la banca statale Halkbank, usata per aggirare le sanzioni contro l’Iran. Quello di Istanbul è un attacco che colpisce il cuore del Paese anatolico, ma a pagarne le conseguenze saranno in tanti, anche al di fuori della Turchia.