di Giulia Capitani*
Il comportamento del Governo Meloni nella gestione degli sbarchi degli scorsi giorni è stato disastroso da molti punti di vista. Non che potessimo aspettarci niente di diverso: immigrazione e diritti civili saranno i principali obiettivi della propaganda di un esecutivo che dovrà far digerire al suo elettorato sovranista un inusitato europeismo. Quanto avvenuto in questi giorni va però oltre le aspettative, rivelando una gestione incompetente, priva di nuove idee (anche cattive), arroccata sugli evergreen aggressivi e vittimistici dei tweet salviniani del 2018. Che, sondaggi alla mano, alla Lega non hanno portato esattamente fortuna.
Tre sono i piani che sono stati rapidamente disarticolati dal nuovo esecutivo, con un impatto ancora tutto da valutare: quello delle norme, quello della diplomazia e quello della narrazione.
La legge. Un orpello da dismettere se non fa il gioco del Governo
In occasione degli sbarchi nel porto di Catania, il Governo ha calpestato, nell’ordine:
– la Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS);
– la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo (SAR);
– la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS);
– la Convenzione di Ginevra;
– la Convenzione Europea dei Diritti Umani, la Carta dei diritti fondamentali della Ue.
Tutte regolarmente recepite dall’Italia con apposite norme interne, dunque anch’esse violate, così come l’articolo 3 della nostra Costituzione. A ciò si aggiungono i cosiddetti decreti di sbarco selettivo, applicati alle navi delle ONG (non tutte, tra l’altro) ma non alle motovedette della Guardia Costiera che anche in queste ore hanno garantito lo sbarco a centinaia di persone. Tali decreti rappresentano una novità abnorme dal punto di vista giuridico. È semplicemente impensabile infatti che le navi di salvataggio, fatti scendere i sopravvissuti di gradimento del Governo, possano riportare gli altri in acque internazionali: capitani e armatori conoscono la legge meglio dei nostri ministri, e sanno che si tratterebbe di respingimento collettivo, punibile per legge.
Sullo spettacolo degradante di medici che scelgono tra centinaia di persone sfinite e malate quelle più sfinite e malate, crediamo si sia già detto tutto. Ci preme solo ricordare che il personale dell’Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF) che si è prestato a tale pratica è stato giustamente denunciato all’Ordine dei Medici per violazione del codice deontologico.
Quanto alla trovata dello stato di bandiera delle navi come destinatario dello sbarco o responsabile di accogliere le domande di asilo, è del tutto errata. Semplicemente non esiste, in nessuna norma, l’obbligo per il capitano di una nave di accogliere domande di protezione internazionale di naufraghi soccorsi, e in ogni caso nulla cambierebbe rispetto all’obbligo di sbarcare i naufraghi nel più vicino porto sicuro disponibile.
La diplomazia. Un capolavoro di isolamento internazionale alla vigilia del G20
L’incidente diplomatico con la Francia, per il quale si è dovuto scomodare addirittura il Presidente Mattarella, apre inoltre uno scenario preoccupante. Sia chiaro: né l’Unione europea, né molti dei suoi stati membri possono rivendicare politiche rispettose dei diritti dei rifugiati. La Ue continua il suo cammino verso una sostanziale dissoluzione del Sistema Comune di Asilo, attraverso la riforma del Patto Europeo su Migrazione e Asilo. La Francia ha di fatto da anni sospeso il codice Schengen ai confini con l’Italia, nel cui territorio respinge anche i minori soli.
Ma è evidente che gli errori degli altri non giustificano i nostri, e che collezionare improbabili gaffe non rinforza la posizione internazionale dell’Italia. La Premier andata a rappresentare il nostro Paese al G20 è la stessa che qualche giorno fa, in conferenza stampa, accusava i giornalisti di averla indotta a credere che la Francia fosse d’accordo ad accogliere i naufraghi della Ocean Viking. Come se non spettasse a lei e al suo ministro degli esteri verificarlo nelle apposite sedi. La dichiarazione congiunta dei ministri degli Interni promossa dal ministro Matteo Piantedosi è stata alla fine firmata solo da Grecia, Cipro, Malta (non proprio dei colossi sullo scacchiere europeo), e rifiutata dalla Spagna con motivazioni che dovrebbero farci riflettere sul capolavoro di isolamento diplomatico che questo governo ha realizzato in pochi giorni.
La narrazione. Dai media sparisce il COVID, arrivano le ONG
Ovviamente i media in questi giorni non hanno parlato d’altro, oscurando il racconto dei veri problemi del Paese. Non si tratta di un effetto collaterale, ma di uno dei principali obiettivi dello schema narrativo tipico di ogni Governo debole che si vuole autoritario: la costruzione e la persecuzione mediatica del nemico. Che non è più rappresentato tanto dai rifugiati (semmai dagli “immigrati illegali”: come il Governo distingua tra gli uni dagli altri, però, non è chiaro), ma dalle ONG, accusate di non rispettare le leggi (ma non si dice mai quali leggi) e di perseguire interessi privati. Non solo: di essere dei “centri sociali”, interessati all’impatto politico del loro lavoro. Sorprenderà forse il Governo sapere che per noi non è un’offesa: lavorare a servizio della collettività e contribuire alla costruzione di relazioni positive e di senso comune (è questa la politica) è esattamente quello che vogliamo fare.
Il Paese ha bisogno di tutto questo?
Il Governo Meloni ha bisogno del suo nemico per cementare il consenso. Purtroppo, niente di nuovo. Come Oxfam, ci chiediamo se davvero l’Italia abbia bisogno di tutto questo. Un paese infragilito dalla pandemia e dalla recessione, con 15 milioni di poveri a cui dare risposta, oltre 250 mila giovani tra i 18 e i 34 anni fuggiti all’estero negli ultimi dieci anni, con i fondi del Pnrr da spendere presto e bene, che cosa se ne fa della insulsa guerra a chi soccorre naufraghi? Chissà se qualcuna delle tante persone che hanno dato il voto a questo esecutivo sta cominciando a porsi la stessa domanda.
*Migration Policy Advisor Oxfam Italia