Il ricorso di due mamme dopo che gli uffici del comune di Roma avevano evidenziato l’impossibilità di accogliere la richiesta, in conformità a quanto disposto dal decreto dell’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Rete Lenford: "Faremo ogni sforzo perché sia garantita l'eguaglianza per tutti". Fonti di Palazzo Chigi: evidenti problemi di esecuzione , mette a rischio il sistema di identificazione personale
Via la dicitura ‘madre’ e ‘padre’ dalla carta di identità e via libera a ‘genitore‘. È quanto ha disposto una ordinanza del Tribunale civile di Roma dopo il ricorso presentato dalle due madri di una ragazza minorenne che, a settembre 2019, aveva richiesto agli uffici di Roma Capitale l’emissione di una carta d’identità elettronica, valida per l’espatrio, a nome della figlia minore con l’indicazione dei propri nominativi con la qualifica di ‘madre’ e ‘madre’ o, in alternativa, con la dicitura ‘neutra’ di ‘genitore’ per entrambe. Gli uffici del comune di Roma avevano evidenziato l’impossibilità di accogliere la richiesta, in conformità a quanto disposto dal decreto del 31/01/2019 dell’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che prevede esclusivamente la dicitura ‘padre’ e ‘madre’ per la compilazione dei campi contenenti i nominativi dei genitori. Poi però è arrivata la decisione del Tribunale civile.
Le due madri hanno agito in giudizio sulla base degli studi svolti da un gruppo di lavoro coordinato dagli avvocati Mario Di Carlo e Tommaso Mauro, Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno: prima davanti al Tar Lazio e, poi, davanti al Tribunale di Roma, per reclamare l’emissione di una carta d’identità conforme alle concrete realtà familiari. Con un’ordinanza che risulta passata in giudicato, il Tribunale di Roma ha, ora, accolto la domanda della coppia di mamme, assistita dall’avvocato Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford, e dall’avvocata Federica Tempori, socia di Rete Lenford e componente del Gruppo legale di Famiglie Arcobaleno, che aveva chiesto la disapplicazione del decreto Salvini.
L’ordinanza risale al 9 settembre 2022 e non è stata impugnata dal ministero dell’Interno. Lo riferiscono fonti di Palazzo Chigi, sottolineando che la decisione sarà però esaminata dal governo con particolare attenzione. Secondo le stesse fonti, infatti, l’ordinanza presenterebbe evidenti problemi di esecuzione e metterebbe a rischio il sistema di identificazione personale. Sembra una chiusura, mentre nel frattempo lo stesso Salvini ha twittato: “Usare sulla carta d’identità le parole ‘padre’ e ‘madre’ (le parole più belle del mondo) secondo il Tribunale civile di Roma sarebbe una violazione delle norme comunitarie e internazionali, da qui la decisione di sostituirle con la più neutra parola ‘genitorè. Illegali o discriminanti le parole ‘mammà e ‘papà’? Non ho parole, ma davvero”.
“La sentenza rappresenta un importante risultato, raggiunto dopo uno straordinario lavoro di squadra di professionisti e professioniste a cui esprimo la mia gratitudine”, ha dichiarato invece l’avvocato Miri. “Purtroppo, il governo non ha ancora annullato il decreto e, così, continua ancora oggi a offendere la dignità e l’identità di tante famiglie, che volta per volta dovrebbero chiedere a un Tribunale di disapplicare il ‘Decreto Salvini’ per vedersi riconosciuti i propri diritti fondamentali. Reputiamo questo profondamente ingiusto sia per i tempi e sia per i costi della giustizia. Faremo, perciò, ogni sforzo affinché questo governo annulli il decreto e garantisca per legge l’eguaglianza e la pari dignità di tutte le famiglie. Le carte d’identità registrano quel che per lo Stato è una famiglia: negare anche nominalmente l’esistenza di migliaia di famiglie, e mortificare le identità di persone minorenni, è incostituzionale e anche inaccettabile”.