A quasi otto anni dalla notte del disastro, nell’aula bunker di Bitonto, i pubblici ministeri della procura di Bari, Federico Perrone Capano ed Ettore Cardinali, hanno messo il loro punto alla vicenda del Norman Atlantic. Uno dei peggiori disastri che coinvolge la marineria italiana di cui quasi più nessuno ricorda nulla. Eppure nel corso del procedimento, prima i periti del giudice per le indagini preliminari in una consulenza granitica, quindi attraverso le testimonianze di passeggeri e membri dell’equipaggio, nonché grazie a un lungo carteggio via mail sequestrato nel corso dell’inchiesta, sono state ricostruite alcune verità storiche su cosa accadde durante la notte tra il 27 e il 28 dicembre 2014, nel mare in tempesta tra le coste greche e italiane, sul traghetto che trasportava oltre 500 persone, compresi diversi clandestini. E sulle cause profonde di quel naufragio, nel quale 31 persone morirono e altre 64 rimasero feriti.

“Pene più alte ad armatore, capitano e noleggiatore” – Per i pubblici ministeri, quanto avvenne quella sera, ha dei responsabili precise. Per questo hanno chiesto 23 condanne a pene comprese tra tre mesi e 9 anni di carcere, al termine di una lunga requisitoria, iniziata martedì, nella quale hanno ripercorso la genesi, a loro avviso, dell’incendio a bordo e tutte le fasi di quelle drammatiche ore. La richiesta di pena più alta è stata avanzata per Carlo Visentini, legale rappresentante della società Visemar di Navigazione srl, armatrice del Norman Atlantic, per il comandante Argilio Giacomazzi e per Jannis Vardinoyannis, rappresentante legale Anek Lines, società greca noleggiatrice del traghetto. I tre rispondono di naufragio e omicidio plurimo colposo con l’aggravante della colpa cosciente e a loro carico l’accusa ha avanzato anche la richiesta d’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le altre richieste – Otto anni sono stati chiesti per Georgios Katsanevakis, legale rappresentante Anek, e Pavlos Fantakis, supervisore a bordo della stessa azienda noleggiatrice. Un anno in meno per Gianluca Assante, primo ufficiale di macchina, e Antonio Gadaleta, elettricista di bordo, mentre 6 anni è stata la richiesta per Luigi Iovine, primo ufficiale e responsabile della sicurezza a bordo. Per tutti loro dai pm è stata richiesta l’interdizione perpetua. Per alcuni membri dell’equipaggio, accusati di omicidio colposo per alcune delle morti, è stata avanzata la richiesta di condanna a pene che vanno dai tre ai 4 anni di reclusione. Per altri quattro membri dell’equipaggio la procura, invece, ha chiesto le condanne fra tre mesi e 3 anni di reclusione per le sole contravvenzioni del codice della navigazione. I pm hanno infinte richiesto un’assoluzione e la condanna delle due società imputate al pagamento di sanzioni pecuniarie quantificate in 400mila euro per Visemar (con attenuante di aver risarcito vittime) e 600mila euro per Anek.

Le cause dell’incendio – L’origine dell’incendio che avvolse il Norman Atlantic mentre navigava in una notte di tempesta avvenne proprio sul ponte 4, innescato – secondo i consulenti del gip Alessandra Piliego – da un camion che trasportava merce avariabile e, non essendoci a disposizione allacci, tenne il motore diesel acceso. Sul ponte 4 c’erano 43 camion che necessitavano di energia elettrica e sole 40 spine. Almeno tre, quindi, non erano collegati. Una pratica vietata mentre si è in navigazione. Prima e dopo, come ricostruito nel corso della prima giornata di requisitoria, sono emerse “tantissime carenze” nel corso del processo. Un procedimento nel quale si è delineata, secondo l’accusa, anche la “vera rotta” del Norman Atlantic che era quella della “massimizzazione dei profitti”. Una “tragedia di enormi proporzioni”, l’hanno definita Cardinali e Perrone Capano, visto che “oltre i morti ci sono persone con lesioni e traumi importanti”. L’accusa ha posto l’accento anche sul fatto che il comandante “non ha mai avuto la lista passeggeri” e “questo è difficoltoso anche per le operazioni di soccorso e salvataggio”.

Il caos a bordo: “Evacuazione errata” – E proprio al caos creatosi dopo l’incendio è stata dedicata la seconda parte della requisitoria: “Le operazioni di evacuazione sono state tutte sbagliate. La corretta esecuzione avrebbe potuto salvare tutte le persone a bordo”, hanno spiegato i pm. “Sono mancante le operazioni fondamentali di convogliamento dei passeggeri. La folla, inferocita e terrorizzata, non ha avuto – hanno aggiunto – alcuna indicazione circa il comportamento da tenere, o un salvagente”. Molti dei passeggeri hanno infatti raccontato di aver dovuto autonomamente rompere i cassoni per procurarsene uno. Il ruolo dell’equipaggio, hanno ricordato, è “quello di contenere la folla e consentire l’evacuazione in sicurezza”. E invece “le operazioni sono state eseguite in maniera sbagliata, anche quelle di preparazione”. In quelle fasi, è stata la loro conclusione, “ci sono stati comportamenti commissivi di soggetti che non dovevano fare delle cose che invece hanno fatto”. E in quei frangenti “almeno due persone sono cadute in mare”. Morirono, come almeno altre 29. Tra cui anche diversi clandestini. Tra loro anche il piccolo Raed Mohammad, 7 anni neanche compiuti, in fuga dalla Siria. Un testimone giura di averlo visto correre e urlare, impaurito e solo, mentre il fuoco iniziava ad avvolgere la nave nel buio della notte.

Twitter: @andtundo

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