La mostra intende focalizzare l’attenzione sul momento in cui il pezzo antico abbandona la propria condizione iniziale o di rovina e viene riattivato, acquistando nuovo senso e valore grazie al gesto del riuso
Ci accoglie la statua colossale di Costantino. A Roma ci sono pezzi in marmo dell’imperatore sparsi nel cortile del Campidoglio. Un video ci mostra la rielaborazione in 3D dei frammenti e la ricostruzione (operazione mai tentata prima) del calco della statua, alta una trentina di metri, ed esposta in tutta la sua magnificenza nella cisterna della Fondazione, è impressionante. Il pavone in bronzo dorato prima decorava il mausoleo dell’imperatore Adriano poi è passato a ornare una fontana davanti alla vecchia Basilica di San Pietro. Da latrina romana in marmo rosso di porfido, pietra simbolo del potere, promossa a trono papale. L’apertura al centro serviva ad accertare il sesso maschile del pontefice. L’originale è andata persa ma il clone del “Il Giovane di Magdalensberg “ fu regalato nel ‘500 dall’Arciduca Fernando alla sorella Maria d’Ungheria. Altri reperti portano invece la “firma” dell’autore e il “fatto in Atene” era un’attestato di autenticità. Come oggi sarebbe il Made in Italy. A cura di Salvatore Settis con Anna Anguissola e Denise La Monica con percorso allestito ideato da Rem Koolhaas/OMA, “Recycling Beauty” è un’inedita ricognizione dedicata al tema del riuso di antichità greche e romane in contesti post-antichi, dal Medioevo al Barocco. La mostra si inserisce in un’indagine più estesa che Fondazione Prada ha intrapreso dal 2015 quando presentò contemporaneamente negli spazi di Milano e Venezia “Serial Classic” e “Portable Classic”, sempre curate da Salvatore Settis.
Le opere indagano le ragioni funzionali, politiche o religiose del reimpiego di antichità. È il caso del gruppo scultoreo di età ellenistica del Leone che azzanna un cavallo (IV secolo a.C.), che nel Medioevo viene collocato sul Campidoglio e diventa allegoria del buon governo cittadino. Ne è un esempio anche il riuso di monumenti sepolcrali antichi decorati con scene mitiche che nessuno sapeva più ‘leggere’, se non come generica testimonianza della grandezza di un impero scomparso o della sconfitta del paganesimo. Fra questi, un sarcofago dionisiaco di Cortona (II sec. d.C.) reimpiegato nel 1247 come sepolcro del beato Guido, e un’urna etrusca (II secolo a.C.) riciclata nel XII secolo a Pistoia per custodire le reliquie di San Felice. Nel Quattrocento sette antiche teste maschili scolpite nel marmo sulla facciata di Palazzo Trinci a Foligno furono trasformate in allegoria delle sette età dell’uomo e ricollocate.
La premessa di questa ricerca è la necessità di considerare il classico non solo come un’eredità del passato, ma come un elemento vitale in grado di incidere sul nostro presente e futuro. Temi come la serialità, il riuso e il riciclo nell’arte sono strettamente legati alla nostra concezione di modernità ma “Recycling Beauty”, intende focalizzare l’attenzione sul momento in cui il pezzo antico abbandona la propria condizione iniziale o di rovina e viene riattivato, acquistando nuovo senso e valore grazie al gesto del riuso. “Recycling Beauty” contribuisce a considerare il passato come un fenomeno in costante evoluzione. La mostra ospita oltre sessanta opere d’arte provenienti da collezioni pubbliche e musei italiani e internazionali come Musée du Louvre di Parigi, Kunsthistorisches Museum di Vienna, Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, Musei Capitolini, Musei Vaticani, Gallerie degli Uffizi di Firenze e Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Fino al 27 febbraio alla Fondazione Prada di Milano. Un must to see.