Si conferma il raddoppio a 40 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 per i finanziamenti da dedicare all’adattamento, ma sul fondo per le perdite e i danni subiti dai paesi vulnerabili a causa dei cambiamenti climatici (pure citato) nulla è ancora scritto
Alla Cop 27 di Sharm el-Sheik ore contate per negoziare sul testo del documento finale, che dovrebbe arrivare entro domani. La bozza informale, circolata all’alba, è lunga venti pagine di luci e ombre ed è incompleta. Tutto questo complica il compito: sono ancora diversi gli aspetti su cui non c’è accordo ed è probabile, quindi, che nel testo finale verranno apportate modifiche. Si conferma il raddoppio a 40 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 per i finanziamenti da dedicare all’adattamento, ma sul fondo per le perdite e i danni subiti dai paesi vulnerabili a causa dei cambiamenti climatici (pure citato) nulla è ancora scritto.
La finanza globale – Semplicemente perché non c’è accordo. A Glasgow, a remare contro sono stati soprattutto Stati Uniti ed Europa (preoccupati del conto salato da pagare per i disastri causati nei paesi più vulnerabili). Oggi pare che l’Ue abbia una posizione diversa in merito, ma non è un mistero che in molti preferirebbero puntare sul Global Shield (Scudo globale), il programma nato quest’anno sotto presidenza tedesca del G7, incentrato più sui regimi assicurativi e sui prestiti che sui finanziamenti a fondo perduto. È questa la partita da giocare e che potrebbe decretare il fallimento totale di una Cop che, sul fronte della mitigazione, ha pochi margini di azione e qualche rischio da schivare. Nella bozza, al momento, si è evitato il peggio, ossia l’abbandono di due target cruciali: restare sotto la soglia di 1,5 gradi di riscaldamento globale e prevedere la riduzione graduale solo per il carbone, lasciando l’obiettivo dell’eliminazione per gli altri combustibili fossili. Ma nella bozza di documento si ricorda che “la finanza globale per il clima nel 2019-2020, stimata in 803 miliardi di dollari” rappresenta solo “il 31-32% dell’investimento annuale necessario affinché l’aumento della temperatura globale non superi anche solo i 2° gradi Celsius“.
Mitigazione, resta anche l’obiettivo di 1,5° – Rispetto alla soglia di riscaldamento globale, però, il linguaggio resta quello della Cop di Glasgow (e dell’Accordo di Parigi), dunque “ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali”, proseguendo gli sforzi “per limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C sopra livelli preindustriali”. Al momento, dunque, non si abbandona – come si era temuto – questo secondo obiettivo più ambizioso, da mantenere “a portata di mano”, a cui tra l’altro si fa riferimento in più passaggi del testo. Per esempio, quando si scrive che “i Paesi più ricchi sono incoraggiati (non obbligati) ad aumentare il sostegno e ad allineare i flussi di finanziamento a 1,5C”. O quando si ribadisce “la richiesta a tutte le parti di rivedere e rafforzare gli Ndc (Contributi determinati a livello nazionale) 2030 per allinearli a 1,5°C”. Perché gli attuali Ndc (sia quelli incondizionati, sia quelli condizionali, ossia gli obiettivi che i paesi si impegnano a raggiungere, a patto che vengano soddisfatte alcune condizioni) ridurranno le emissioni globali nel 2030 rispettivamente del 5% e del 10%, ma per limitare il riscaldamento globale a 2°C e 1,5°C, queste percentuali devono raggiungere il 30% nel primo caso e il 45% nel secondo. Nel testo “si esprime profondo rammarico per il fatto che i paesi sviluppati che hanno le maggiori capacità finanziarie e tecnologiche “continuano a fallire nell’obiettivo di ridurre le proprie emissioni”, ponendosi “obiettivi inadeguati e poco ambiziosi per raggiungere zero emissioni nette entro il 2050. I paesi sviluppati dovrebbero raggiungere emissioni nette di carbonio negative entro il 2030”.
Combustibili fossili, le strategie in atto – Negli ultimi giorni, poi, ha fatto discutere una richiesta dell’India, tra l’altro sostenuta dall’Alleanza dei piccoli stati insulari (Aosis) e dall’Unione europea. Alla Cop 26 di Glasgow, infatti, proprio Nuova Delhi e Pechino avevano ottenuto che nel documento finale non fosse prevista l’eliminazione (phase out) del carbone, da cui i due Paesi sono molto dipendenti, ma che si facesse riferimento al concetto meno ambizioso di ‘riduzione graduale’ (phase down) del carbone, tra l’altro solo delle centrali senza tecnologie per la cattura di CO2. Alla Cop27, proprio l’India ha però proposto l’estensione del concetto di riduzione graduale per tutti i combustibili fossili, quindi anche per petrolio e gas, mettendo alla prova anche Paesi con interessi fossili diversi. Nella bozza questa proposta non è stata inserita.