Bruno Carbone, il narcotrafficante latitante dal 2003 e arrestato nei giorni scorsi in Turchia, era stato catturato lo scorso marzo nel nord-ovest della Siria da una milizia una volta legata ad al Qaida. Lo sostiene il Foglio che cita, come fonte, un ricercatore del Washington Institute, Charles Lister, il quale, a sua volta, avrebbe avuto conferme proprio da persone in contatto con la milizia in questione, la Hayat Tahrir al Sham (Hts), formazione militante salafita attualmente attiva e coinvolta nella guerra civile siriana. Il narcotrafficante campano sarebbe stato preso a Kaftin, a nord di Idlib. Cercava di raggiungere il territorio controllato dal regime di Bashar el Assad.
Da quanto trapela stata la milizia ad agevolare il suo approdo in Turchia da cui è poi partito per Ciampino dove è stato preso in carico dalle forze dell’ordine italiane e cioè dalla Polizia di Stato, dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri. E’ la prima volta – viene sottolineato – che un gruppo jihadista compie un passo del genere verso un paese occidentale anche se – sembrerebbe – con la mediazione degli Emirati Arabi Uniti.
Condannato a 20 anni per traffico internazionale di stupefacenti lungo la rotta Spagna-Napoli-Catania, Bruno Carbone è legato a doppio filo a uno dei principali narcos europei, Raffaele Imperiale, anche lui da qualche mese in Italia dopo essere stato arrestato a Dubai, dove anche Carbone ha trascorso parte della sua latitanza. In un primo momento, in effetti, era stato comunicato che l’arresto di Carbone era avvenuto a Dubai. Sia Carbone che Imperiale, insieme a presunti elementi di spicco di diverse cosche della ‘ndrangheta, sono stati raggiunti ieri da una delle 28 misure cautelari in carcere notificate ieri dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza grazie alle quali è stato possibile sgominare una delle organizzazioni che gestiscono il traffico di cocaina dal Sud America al resto del mondo: si tratta di uno dei più importanti cartelli a livello mondiale.