A novembre, Milano ha ospitato la prima edizione dell’Indie Book Fest: un pomeriggio di incontri, approfondimenti e conversazioni sul tema del self publishing con la direzione artistica del giornalista e scrittore Riccardo Bruni – ideatore, con Stefania Crepaldi e Alessandro Valenzano, del blog letterario Giallorama.it – e con la collaborazione di Libreriamo, il primo social media italiano dedicato a tutti coloro che amano libri, arte e cultura. La giornata si è conclusa con la proclamazione del vincitore del Premio Letterario Amazon Storyteller.

Iniziamo dal vincitore: Lunga nuvola bianca di Terence Biffi. La storia di un viaggio che ha portato l’autore a trovarsi in piena pandemia lontano da casa, in Nuova Zelanda, alla scoperta di una terra incontaminata ricca di curiosità e unicità, intrisa di storia e bellezza. “Lunga nuvola bianca” non è una guida turistica. È la Nuova Zelanda raccontata attraverso gli occhi di un viaggiatore, che insieme a Deborah, conosciuta in un ostello di Auckland, ha percorso oltre diecimila chilometri a bordo di Bianca, un Mitsubishi L300, esplorando una fetta di mondo e se stesso.

E ora parliamo di Kindle Direct Publishing, la piattaforma di autopubblicazione di Amazon, arrivata in Italia nel 2011. In questi anni è migliorata, anche se gli autori sostengono che c’è ancora molto da fare. Personalmente ho notato che, tra le classifiche dei Best seller Kindle, manca la categoria dedicata alla tematica Lgbtq o omosessuale. Dimenticanza o un eccesso di moralismo? Indubbiamente un grande passo avanti è stato compiuto con il “print on demand”, ovvero la possibilità di stampare il libro cartaceo al momento dell’ordine da parte del cliente. Un metodo che consente un grande risparmio di carta ed evita, come avviene nell’editoria tradizionale, di far viaggiare i libri avanti e indietro nella penisola con grande gioia di distributori e spedizionieri.

Secondo Andrea Pasino, responsabile di Kdp per Italia, Francia e Spagna, durante la pandemia, le autopubblicazioni sono aumentate del 40% e ora nel mondo vi sono milioni di self che pubblicano regolarmente e migliaia che guadagnano più di 50mila dollari all’anno con i loro romanzi. Rispetto al mercato americano, inglese e tedesco in Italia c’è ancora un po’ di diffidenza nei confronti degli autori indie, ma pian piano le cose stanno cambiando. Purtroppo le pagine di molti giornali blasonati sono ancora terra proibita per loro e il motivo è semplice: molte case editrici tradizionali hanno stilato accordi che chiedono espressamente di non pubblicare recensioni di autori autopubblicati.

Come ho avuto modo di scrivere in molti post, l’indie deve far tutto da solo e, per migliorare la qualità del suo lavoro, dovrebbe appoggiarsi a seri professionisti: editor, grafici, esperti di marketing. Ma ne vale la pena? Se si ascoltano le storie dei self di successo, non c’è altra strada, soprattutto per emergere nel sovraffollamento che ormai caratterizza anche il self publishing. E la presenza sui social? È indispensabile, ma è necessario costruire un percorso prima dell’uscita del romanzo parlando di contenuti e dell’autore e non semplicemente spingendo il lettore all’acquisto.

Infine, Mirtis Conci, autrice di libri per bambini che vive a Francoforte, ha raccontato l’esperienza dell’associazione di indie nata in Germania nel 2015 con 8 associati diventati oltre 900 nel 2021. Oggi i responsabili dell’associazione dialogano con distributori, organizzatori di eventi, redazioni di giornali e i self sono considerati come tutti gli altri autori. Chissà se sarà possibile ripetere l’esperienza in Italia? La sfida è stata lanciata a Indie Book Fest: vediamo se ci sarà qualcuno pronto a raccoglierla e con la voglia di coinvolgere gli autori per cercare di abbattere il muro di diffidenza che ancora considera i self come scrittori di serie B.

Per chi lo desidera, sulla pagina Facebook di Libreriamo, è possibile rivedere gli incontri dell’evento.

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