Società

Otto miliardi di persone sulla Terra: forse ha ragione chi vuole la guerra

E se fosse che il vecchio Carlo Calenda avesse ragione? Se fosse che davvero avesse un cervello pensante, invece che una smodata voglia di manifestare la sua opinione su ogni tema senza sapere nemmeno quello che dice, come gli imputano i suoi più feroci critici? Perché in effetti, in fondo, spingere così fortemente verso una reazione bellica nei confronti della Russia da parte della Nato potrebbe non essere nemmeno una grande stupidaggine, ma una delle poche idee creative per sperare di salvare l’umanità.

E’ di questi giorni, ripresa in terza e quarta pagina dai quotidiani nazionali, che gli esseri umani sulla terra hanno superato la quota di otto miliardi. Sono tanti? Sono pochi? Ma soprattutto: un numero così elevato di persone è sostenibile? Anche se si fa finta il problema non esista, gli otto miliardi di persone che abitano il pianeta pesano sul destino di tutti noi come una mortale spada di Damocle.

In uno studio pubblicato nel 2017 sulla prestigiosa rivista Nature, David Tilman e colleghi prevedevano che la crescita futura della popolazione e del collegato sviluppo economico avrebbe aumentato a dismisura i rischi di estinzione di tutte le specie viventi. Attualmente, solo per fare un esempio molto banale, in 80 paesi al mondo l’acqua è una risorsa scarsa e una persona su cinque non ha accesso a acqua pulita.

A mettere a rischio il destino dell’umanità a causa della enorme crescita della popolazione è anche la diffusione di modelli di comportamento altamente nocivi per gli equilibri del sistema terrestre come l’aumento dell’uso delle automobili, la deforestazione o l’inquinamento che hanno conseguenze devastanti sul cambiamento climatico. Secondo uno studio apparso sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, un gruppo di scienziati austriaci, tedeschi e statunitensi ha stimato che il controllo della crescita della popolazione potrebbe contribuire a ridurre le emissioni fino al 30% favorendo così il raggiungimento dei limiti prefissati per il 2050 per impedire che le temperature superino i livelli oltre i quali la catastrofe è assicurata.

Il problema della sovrappopolazione non è naturalmente piacevole da affrontare e forse per questo motivo prevalgono spesso nel dibattito i commenti che richiamano all’esigenza di un veloce cambiamento negli stili di vita e di consumo della enorme massa di popolazione. Il punto è che gli esseri umani non hanno nessuna intenzione di modificare i propri comportamenti. Al contrario: meno devono inquinare, più inquinano, meno devono sfruttare le materie prime, più le sfruttano, meno devono minacciare la biodiversità, più la minacciano.

Dieci anni fa gli abitanti dei paesi ricchi consumavano risorse a un ritmo trenta volte superiore a quello dei paesi poveri e questo rapporto è rimasto fino ad oggi pressoché eguale. Come diceva il Mahatma Gandhi ‘il mondo ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l’avidità di tutti’.

Per quanto possa essere rassicurante il richiamo all’esistenza teorica di modelli di sviluppo alternativi bisogna dunque prendere atto che la specie umana non ha nessuna volontà di modificare la propria rotta verso l’estinzione. Ma allora cosa si può sperare per evitare un collasso planetario, se non una bella guerra mondiale? Le stime del numero di morti causate da un conflitto atomico sono da questo punto di vista incoraggianti. Alex Glaser e il suo gruppo di ricercatori dell’Università di Princeton hanno condotto uno studio di simulazione al computer di una guerra atomica tra Stati Uniti e Russia che ipotizza circa 85 milioni di vittime nelle prime tre ore di conflitto.

I veri problemi insorgerebbero, tuttavia, nei giorni e nelle settimane successive all’attacco. Secondo uno studio recentemente apparso sulla rivista Nature Food e prodotto dalla Rutgers University, la guerra nucleare cancellerebbe la grande parte dei sistemi alimentari del mondo attraverso la produzione di fuliggine e pioggia radioattiva e ciò comporterebbe la scomparsa in pochi mesi di circa il 75% dell’umanità.

Di fronte a questo scenario apocalittico, ma tutto sommato non definitivamente letale per l’intera specie umana, il buon Calenda deve avere avuto l’intuizione geniale. Meglio accelerare il conflitto mondiale che ucciderebbe 5 miliardi di persone, ma lascerebbe in vita un numero di esseri umani più sostenibile per gli equilibri della biosfera che andare diritti verso la sicura e definitiva fine della specie. Altra spiegazione non può esserci per interpretare lo spirito bellicista del coraggioso leader di Azione. Altrimenti si dovrebbe pensare di avere a che fare con un pazzo scatenato.