Comportamenti e linguaggi inappropriati, toccamenti, molestie sessuali, rapporti sessuali, esibizione di pornografia, adescamento online e atti di esibizionismo. Sono le tipologie dei casi di abusi sessuali sui minori emersi dal primo rapporto sulla pedofilia del clero italiano nel biennio 2020-2021 pubblicato dalla Cei. Gli abusi riguardano 89 vittime e 68 presunti pedofili. Il report, fortemente voluto dal presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi, è stato divulgato alla vigilia della Giornata nazionale di preghiera della Chiesa italiana per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, che si celebra il 18 novembre. Evento istituito dalla Cei in concomitanza con la Giornata europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale.

I casi segnalati, anche per fatti riferiti al passato, riguardano 89 persone, di cui 61 nella fascia di età tra i 10 e i 18 anni, 16 over 18 anni (adulto vulnerabile) e 12 under 10 anni. Le segnalazioni fanno riferimento a casi recenti e/o attuali (52,8%) e del passato (47,2%). Il profilo dei 68 presunti autori di reato evidenzia, in oltre la metà dei casi, soggetti di età compresa tra i 40 e i 60 anni all’epoca dei fatti. Il ruolo ecclesiale ricoperto al momento degli avvenimenti è quello di chierici (30), a seguire di laici (23) e, infine, di religiosi (15). Tra i laici emergono i ruoli di insegnante di religione, sagrestano, animatore di oratorio o grest, catechista e responsabile di associazione. Il contesto nel quale i presunti reati sono avvenuti è quasi esclusivamente un luogo fisico (94,4%), in prevalenza in ambito parrocchiale (33,3%) o nella sede di un movimento o di una associazione (21,4%) o in una casa di formazione o seminario (11,9%).

La Cei, inoltre, ha precisato che “a seguito della trasmissione della segnalazione all’autorità ecclesiastica da parte dei centri di ascolto, tra le azioni poste in essere sono risultati prevalenti i ‘provvedimenti disciplinari’, seguiti da ‘indagine previa’ e ‘trasmissione al Dicastero per la dottrina della fede’. Tra le azioni di accompagnamento delle presunte vittime, i centri forniscono informazioni e aggiornamenti sull’iter della pratica (43,9%), organizzano incontri con l’ordinario (24,6%), offrono un percorso di sostegno psicoterapeutico (14,0%) e di accompagnamento spirituale (12,3%). Ai presunti autori degli abusi vengono proposti percorsi di riparazione, responsabilizzazione e conversione, compresi l’inserimento in ‘comunità di accoglienza specializzata’ (un terzo dei casi rilevati) e percorsi di ‘accompagnamento psicoterapeutico’ (circa un quarto dei casi)”.

Il segretario generale della Cei Giuseppe Baturi, nel corso della conferenza stampa sul primo report, ha anche riferito che negli ultimi venti anni sono 613 i fascicoli (ponenze) aperti nella sede della Congregazione per la Dottrina della Fede trasmessi dall’Italia. Baturi ha anche spiegato che questi fascicoli, che possono riguardare più casi oppure archiviazioni, saranno oggetto di una prossima ricerca, “una novità nel panorama ecclesiale mondiale”.

“Il report è uno specchietto per le allodole. Sono sbigottito. Il report considera solo 2 anni, in cui tra l’altro c’è stato il Covid e solo i dati degli sportelli delle Diocesi. Il cardinale Zuppi aveva parlato di 20 anni, ora il lasso di tempo è stato ulteriormente ridotto. Il dato tuttavia è allarmante. In quel report non compaiono i casi della Congregazione per la dottrina della fede, i casi finiti in magistratura e i casi che abbiamo noi come associazione” ha detto a LaPresse Francesco Zanardi, presidente della Rete L’Abuso, l’associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero, commentando il report. “Noi abbiamo un database di 360 casi in 12 anni” ha aggiunto. Francesco è anche una vittima, è stato abusato a 11 anni. “Quando sono stato abusato a Spotorno dove abitavo, al vescovo è stata fatta aprire una comunità per minori. È stato condannato per una sola vittima a un anno e sei mesi, non ha risarcito nessuno, tranne quel ragazzo. Poi ha deciso di lasciare la tonaca, ora accompagna i bambini d’estate per la Caritas. Perché non è reato, dal certificato anti-pedofilia sono sollevati coloro che fanno lavori stagionali. La chiesa italiana non vuole i nostri dati ma neanche la magistratura e questo è grave”.

Zanardi, seppur parlando di numeri sottostimati, ha messo in allerta sul gran numero di casi: “Se contiamo che sono stati raccolti nei due anni durante i quali l’accesso agli sportelli è stato limitato per via del Covid e mancano i casi denunciati alla magistratura e alle associazioni, possiamo dire che almeno 45 casi siano quelli recenti (2020-2022), circa due casi al mese, che a noi non sembrano pochi”. Inoltre, “secondo il report Cei, l’effetto della mancanza del certificato antipedofilia dal quale l’Italia ha sollevato il volontariato e che da anni denunciamo la pericolosità di quel vuoto – in quanto incentiva i predatori ad inserirsi in quegli ambienti, ancor più nella chiesa che per via della paura dello scandalo se succede qualcosa non querela – parrebbe sempre secondo il report darci ragione, il dato batte i laici della Francia e in Italia supera i preti“.

Twitter: @FrancescoGrana

Aggiornato dalla redazioneweb alle 12.51

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