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Ucraina, un appello contro la russofobia. Bisogna porre le basi di una giusta pace

C’è un modo insuperabile per capire che aria tira ai piani alti della Nato e dell’amministrazione statunitense: consultare l’informazione spazzatura. Un sito, del quale non sono neanche riuscito a capire bene il nome, che ha preso possesso del mio computer da qualche tempo bombardandomi da mesi con notizie di scarsa utilità, gossip, cronaca nera con particolari orripilanti e ovviamente profusioni di lanci d’agenzia sulle presunte malattie di Vladimir Putin e i crimini, veri o presunti, dei Russi in Ucraina. Titola oggi riportando le dichiarazioni del Capo di Stato maggiore statunitense Mark Milley secondo il quale l’Ucraina ha “probabilità molto basse di conseguire una vittoria militare cacciando via tutti i russi dal Paese, inclusa la Crimea”.

Una doccia fredda sulle velleità revansciste di Volodymyr Zelensky che non avrebbe scrupoli a far scoppiare la terza guerra mondiale pur di vedere pienamente realizzato il suo programma di riconquista, anche se a quel punto avrebbe, per eventuale oggetto, solo un cumulo di macerie radioattive. Col realismo tipico dei militari di professione Milley evidenzia come la guerra, con buona pace delle fregole combattentistiche dei nostri guastatori da poltrona, sia entrata in una fase di stallo agevolata dall’inverno ormai imminente.

Tale atteggiamento, in parte nuovo, degli Stati Uniti, è probabilmente all’origine anche della provocazione tentata coi due presunti missili russi sulla Polonia. Non si può scartare al riguardo l’ipotesi del lancio deliberato da parte ucraina utilizzando gli Ss-20 a quanto pare in dotazione anche ai russi. Ma anche se, come forse più probabile, si fosse trattato di un errore degli ucraini colpisce la foga colla quale Zelensky ha tentato di giocarsi la carta dell’attacco russo a un paese Nato coll’evidente intenzione di pervenire a quell’allargamento del conflitto che persegue con convinzione e coerenza da molto tempo.

Peccato per lui, ma buon per il resto dell’umanità. L’unico risultato che parrebbe abbia conseguito è stato di mandare in foia guerrafondaia i soliti fratelli De Rege della politica italiana, Enrico Letta e Carlo Calenda. Un po’ poco per tanto sforzo, con tutto il rispetto. Il tentativo di Zelensky può, peraltro, essere letto e spiegato proprio alla luce dell’innegabile raffreddamento nei suoi confronti da parte degli Stati Uniti e, di conseguenza, della Nato determinato a sua volta dalla situazione interna statunitense dove aumentano le voci contrarie alla guerra, dalle stesse posizioni dei militari, più realisti e razionali dei politici e dalla consapevolezza che potrebbe essere penetrata perfino nella psiche di Joe Biden che non conviene lasciare un guinzaglio troppo lungo all’attuale governo ucraino, che si rivela inaffidabile da più di un punto di vista, avendo dimostrato più di una volta come il suo esasperato nazionalismo non arretri neppure di fronte alla prospettiva di un conflitto nucleare.

E’ giunto pertanto il momento di frenare gli slanci nazionalistici, sia di Zelensky che di Putin e di altri ambienti russi ancora più oltranzisti delineando gli elementi di base dell’accordo di pace che andrà prima o poi stipulato. Se non vogliamo mantenere questa ulcera sanguinosa e infetta che è l’attuale conflitto, sempre passibile di degenerare in modo incontrollato.

Tali elementi sono quelli che ho avuto più volte occasione di enunciare:

1. Neutralità permanente dell’Ucraina, sotto garanzia internazionale.

2. Autodeterminazione sotto controllo internazionale per le popolazioni dei territori contesi che dovrebbero poter optare tra varie soluzioni (sovranità ucraina, sovranità russa, autonomia garantita internazionalmente).

3. Punizione dei crimini commessi da chiunque e contro chiunque nella regione da nove anni a questa parte, mediante l’instaurazione di una commissione internazionale di giustizia e riconciliazione.

Ovviamente una prospettiva del genere è fortemente contraria sia al nazionalismo ucraino di stampo più o meno filonazista o banderista che dir si voglia, sia alle velleità dell’imperialismo grande russo del governo di Mosca. Proprio per questo però essa dovrebbe essere sostenuta da tutti i governi e da tutti i popoli amanti della pace, che sono sicuramente la stragrande maggioranza dell’umanità.

La guerra ha già fatto troppe vittime, non solo le persone, militari e civili, che sono perite e continuano a perire ogni giorno. Ma anche la capacità stessa degli esseri umani di riconoscersi in quanto tali e di dialogare tra loro sulla base delle radici comuni.

Da questo secondo punto di vista occorre contrastare con forza la crociata contro la cultura russa lanciata dal governo di Kiev e ripresa dai soliti servi zelanti in Italia come altrove. La cultura russa ci ha dato grandi scrittori, musicisti ed artisti di ogni genere e bandirla equivale a bruciare i libri come fecero a suo tempo le Ss hitleriane. Va quindi sostenuto l’appello contro la russofobia lanciato da Vauro ed altri, che ha già raccolto oltre ventimila firme nel nostro paese.