Un vertice di maggioranza in presenza della stessa presidente del Consiglio per mediare sul tasto delicatissimo dell’Autonomia differenziata. Giorgia Meloni, ritornata da poco da Bali dove ha partecipato al G20, tra le prime cose ha voluto convocare un incontro per cercare di placare le tensioni degli ultimi giorni. E lo ha fatto eccezionalmente a Montecitorio e non a Palazzo Chigi.
Come nei giorni delle trattative sul risiko ministeriale prima di ricevere l’incarico di premier dal capo dello Stato, Meloni si è trasferita negli uffici del gruppo di Fratelli d’Italia alla Camera. Ha iniziato, infatti, all’ora di pranzo, a presiedere un vertice sulla riforma dell’autonomia con il titolare degli Affari regionali, il leghista Roberto Calderoli e i due vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Poi ha tenuto una riunione (non prevista in un primo momento) sull’immigrazione, presenti anche i ministri dell’Interno Matteo Piantedosi e della Difesa Guido Crosetto, oltre al capo del Dis Elisabetta Belloni e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi, Alfredo Mantovano. Una scelta (irrituale), quella della Meloni di convocare gli incontri di governo alla Camera, che ha incuriosito i cronisti parlamentari. Secondo fonti del centrodestra ci sarebbero solo ragioni di praticità: raccontano che sarebbero in corso lavori di ristrutturazione negli uffici riservati alla presidente del Consiglio in piazza Colonna e, siccome oggi erano previste riunioni anche alla Camera, la leader di via della Scrofa avrebbe deciso di assolvere tutti i suoi impegni a Montecitorio per motivi logistici.
A tenere banco è soprattutto l’Autonomia, tema che sta creando fibrillazioni all’interno della stessa maggioranza. A preoccupare sono i malumori dei presidenti di Regione del Sud, ma anche le diverse posizioni nella maggioranza e che vedono il Carroccio da una parte e dall’altra Fratelli d’Italia e Forza Italia. Il leghista Calderoli, al termine dell’incontro, ha ribadito che si andrà avanti, anche se da più parti si parla già di un programma ridimensionato rispetto alla bozza di proposta che ha presentato ieri in conferenza stampa: “È nel programma di governo e intendiamo realizzarla. Questo è il governo del fare e prima facciamo e meglio è”. E rivolgendosi a chi dal Sud ha fatto obiezioni, ha detto: “Quando le richieste sono legittime verranno accolte, quelle strumentali no”. Sul merito dell’incontro ha detto: “Abbiamo condiviso la strada e il percorso sia sull’autonomia sia sul presidenzialismo sia su Roma Capitale. Una è una legge costituzionale e una legge ordinaria ma ragionevolmente i tempi che porteranno alla definizione credo saranno molto simili”.
Il fedelissimo di Meloni Francesco Lollobrigida ha dato una versione leggermente diversa, delineando i contorni dell’intervento: “Lavoreremo su presidenzialismo e autonomia in parallelo, in modo da portare avanti i punti programmatici”, ha ripetuto sostenendo che saranno inclusi anche “i poteri di Roma Capitale”. “Non deve rimanere indietro nessuno, questo mi pare scontato”, ha proseguito. “Il governo Meloni si ispira al principio dell’unità nazionale e della sussidiarietà”. Per quanto concerne i tempi, “andranno verificati anche con gli altri ministri tra cui la responsabile delle Rifome, Casellati, che è centrale in questa vicenda”. Da Bruxelles è intervenuto un altro big di Fdi, il ministro per gli Affari Ue con delega al Sud, Raffaele Fitto: “E’ evidente che non ci sarà nessun provvedimento che, come viene raccontato, punta a dividere il Paese. Anzi, esattamente il contrario. Noi ci muoveremo nell’ambito della Costituzione. Le polemiche che vengono fatte a me appaiono molto strumentali. Gli articoli della Costituzione che regoleranno l’approvazione di questo provvedimento sono noti a tutti: mi piace sottolineare il 119, dove si parla di riequilibrio e coesione”.
Ha protestato, anche oggi, il presidente Pd della Puglia Michele Emiliano: “Oggi si è svelato tutto il meccanismo e anche il patto anti-democratico”, ha detto a “Metropolis”. “La natura di estrema destra di questo governo si è chiaramente palesata. Queste forze politiche, che non andavano al governo da 70 anni, hanno idea di ridurre gli spazi di democrazia e consentono a ciascuna Regione di tornare indietro a prima del Risorgimento, dove la scuola, l’energia e i trasporti” vengono regolati dalle autorità locali. “Io li conosco bene e il disegno oggi è chiaro. La riunione” tra la premier Giorgia Meloni e i ministri in cui si è discusso di autonomia e presidenzialismo “è stata fatta alla Camera e non a Palazzo Chigi, vai a sapere perché” e “ha tecnicamente affondato la riforma Calderoli. Si sosteneva nella bozza Calderoli che il Parlamento non sarebbe potuto intervenire sulle intese quasi come se fossero trattati internazionali”. E ha continuato: “Oggi la notizia più grave non è l’autonomia, che è già andata un po’ in soffitta, è che il governo di destra ha detto alla Lega se volete che noi continuiamo a pensare a questa storia di darvi qualche potere in più, l’unico modo è che trasformiate la Repubblica da parlamentare a presidenziale“.
Contestazioni anche dal fronte M5s. Su “autonomia e riutilizzo dei Fondi strutturali, dal Governo rischia di arrivare un micidiale attacco al Sud”, ha dichiarato il senatore Mario Turco, vicepresidente del M5s, insieme al collega deputato Leonardo Donno. “Non siamo tanto stupiti dal fatto che, su pressione leghista, l’attuale governo torni a riproporre un progetto di autonomia differenziata; siamo piuttosto allarmati dalla pericolosità del progetto elaborato. Sono anni che ripetiamo che i servizi essenziali devono essere garantiti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale e che per farlo occorre definire i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni. Riteniamo come minimo furbesco citare i Lep, ma subito dopo dire che, se entro un anno non vengono definiti, materie delicate come istruzione, trasporti, energia potranno essere decentrate sulla base del criterio della spesa storica. Quest’ultimo, infatti, non farebbe altro che dare di più a chi ha già servizi evoluti e costosi”.