Battute finali e strategie in atto. Ancora una volta per arrivare al documento finale di una Cop si arriva al braccio di ferro che, questa volta, sembra essere solo più diplomatico. Venerdì, 18 novembre, avrebbe dovuto essere il giorno finale della Conferenza delle Parti sul Clima di Sharm el-Sheikh, ma è ormai chiaro che il vertice andrà avanti. Senza l’Italia, dato che il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, è andato via già martedì. Invece in Egitto l’ultima plenaria è prevista, almeno per il momento, nella tarda mattinata di sabato, per chiudere i lavori nel pomeriggio. Una svolta c’è stata giovedì sera, quando l’Unione europea ha messo sul tavolo la sua offerta sul fondo Loss & damage, per perdite e danni subìti dai paesi vulnerabili a causa dei disastri provocati dai cambiamenti climatici.
La proposta dell’Ue (che non è l’unica) – Bruxelles ha proposto l’istituzione di un fondo rivolto ai paesi più vulnerabili già alla Cop27, senza quindi aspettare il termine del 2024 previsto alla Cop 26 di Glasgow e al quale si sarebbe dovuto arrivare attraverso un iter di due anni. L’idea è quella di un insieme di soluzioni che comprende l’esame del debito e la riforma delle Banche multilaterali di sviluppo. Ci sono, però, una serie di condizioni poste dall’Ue. Tra queste, di prevedere l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi, raggiungere il picco delle emissioni globali prima del 2025, stringere il campo ai paesi più vulnerabili e rafforzare gli obiettivi 2030 nei contributi nazionali (Ndc), se necessario, in vista del vertice dei leader con il Segretario Generale delle Nazioni Unite del 2023. Obiettivi e paletti, tali che molti osservatori internazionali ritengono che quella dell’Ue potrebbe essere una mossa strategica. Una proposta difficile da accettare per i Paesi in via di sviluppo che, se rigettata, danneggerebbe soprattutto quelli più vulnerabili. “Si tratta di un piccolo passo in avanti, ancora insufficiente, perché non si può limitare l’accesso al fondo Loss&Demage solo ai paesi più vulnerabili, lasciando fuori tutti gli altri paesi poveri e vulnerabili, come il Pakistan o le Filippine” spiega a ilfattoquotidiano.it Mauro Albrizio, direttore dell’ufficio europeo di Legambiente, sottolineando la necessità che “le risorse devono essere nuove e addizionali” anche rispetto a quelle già stanziate nei propri bilanci nazionali.
La posizione di Usa e Cina – Giovedì sera, però, il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans ha lanciato il sasso, lasciando indietro gli Stati Uniti (da sempre contrari al fondo e alla possibilità che entri in gioco il concetto di risarcimento, viste le responsabilità storiche degli Usa nelle emissioni globali) e facendo emergere, al contempo, anche l’ormai sempre più imprescindibile tema dell’allargamento della base dei donatori. In primis alla Cina che, sulla carta, ancora risulta un paese in via di sviluppo. Insomma, se c’è da pagare, dovrebbe farlo anche la potenza che attualmente inquina di più. Allo stesso tempo, fa notare il think tank Ecco “questa importante discussione di natura geopolitica non dovrebbe essere usata come motivo per ritardare la creazione di un fondo per le perdite e i danni in questa Cop, come suggerito dall’Unione europea”. Tra l’altro, la Cina – insieme anche a India e Russia – resta ancora fuori dal Global Methane Pledge che impegna i firmatari a ridurre collettivamente le emissioni di gas del 30% entro il 2030 e che ad oggi è sottoscritto da 150 Paesi (dunque ne sono fuori una cinquantina), come ha rivelato alla Cop 27 l’inviato statunitense per il clima John Kerry. Anche il target sul metano è tra le condizioni della proposta Ue.
L’ultima bozza – Nel frattempo, è arrivata una seconda bozza della ‘Cover decision’, il documento politico che accompagna i testi negoziali della Cop. Non c’è molto di nuovo rispetto al documento precedente. “Per la prima volta entra un riferimento agli impegni del G20 – spiega il think tank Ecco – ma non è stata integrata dalla presidenza della Cop 27 la richiesta dell’impegno a ridurre tutti i combustibili fossili come richiesto da India, Ue, Regno Unito, Usa, Norvegia, paesi vulnerabili e paesi africani, come lo Zambia”. Non solo: “Se da un lato c’è un chiaro impegno per accelerare sulle rinnovabili, mancano però ancora obiettivi quantificati”. E sugli Ndc (Contributi determinati a livello nazionale) si registra un passo indietro rispetto a Glasgow: “Se alla Cop26 a tutti i paesi è stato richiesto di rivedere i propri impegni entro un anno. Nella bozza di Sharm questo impegno è richiesto solo a chi non ha ancora presentato un aggiornamento”. Altri fronti sono ancora aperti, come il nuovo obiettivo di finanza post 2025.