Dopo dieci anni il cantautore rompe il silenzio musicale con “Canzoni da intorto”, un album che esce solo in formato fisico, contenente undici brani appartenenti alla cultura popolare a cui è particolarmente legato. "Intortare significa "imbonire", "circuire" qualcuno per convincerlo a prestarsi a proprio vantaggio", spiega. "Ammetto che un paio di canzoni qui presenti, forse, potrebbero essere state usate alla bisogna, ma solo per un paio di volte e non di più"
Ha resistito dieci anni dall’annuncio del ritiro con il suo ultimo album in studio, “L’ultima thule”, ma un’idea nata durante un pranzo con i suoi discografici della Bmg gli ha fatto cambiare idea. Francesco Guccini rompe il silenzio musicale con “Canzoni da intorto”, contenente undici brani appartenenti alla cultura popolare con arrangiamenti dal richiamo balcanico e folk. Un percorso musicale che va dall’infanzia fino all’età matura, con canzoni forse poco conosciute al grande pubblico, ma a cui il cantautore è legatissimo perché raccontano anche un po’ la sua storia personale. Il disco esce solo in formato fisico per precisa volontà dell’etichetta discografica: l’anarchico – per sua stessa ammissione – Guccini, dal canto suo, fa una battuta con fondo di sincerità. “Lo streaming? Che cos’è lo streaming? Non so cosa sia”. Eppure potrebbe essere una bella occasione per le nuove generazioni per scoprire e apprezzare questo progetto discografico. Chissà, forse più avanti. Abbiamo incontrato il cantautore all’affascinante Bocciofila Martesana di Milano, un circolo che ricorda epoche passate.
“Il titolo? L’ha trovato mia moglie” – “La voce “intortare” è di origine gergale e significa “imbonire“, “circuire” qualcuno per convincerlo a prestarsi a proprio vantaggio. “Canzoni da intorto” fu una frase pronunciata da mia moglie Raffaella durante un pranzo con i discografici”, racconta il cantautore. “Significherebbe che quelle canzoni, da me spesso cantate in allegre serate con amici, servissero solo ad abbindolare innocenti fanciulle le quali, rese vittime dal fascino di quelle canzoni, si piegavano ai miei turpi voleri e desideri. Illazioni maliziose e un po’ affettuose. Ammetto che un paio di canzoni qui presenti, forse, potrebbero essere state usate alla bisogna, ma solo per un paio di volte e non di più. Intitolare l’intero album “Canzoni da intorto” equivale, in ogni modo, alla più evidente calunnia”, ironizza.
L’infanzia a Pavana e i soldati americani – Per raccontare il senso del nuovo disco Guccini torna alla sua primissima infanzia, quando in piena Seconda guerra mondiale viveva coi nonni nel minuscolo borgo di Pavana, sull’appennino tosco-emiliano, dov’è tornato ad abitare da alcuni anni. E racconta il suo primo incontro con i soldati Alleati dopo la Liberazione: “Nel lontano ottobre del 1944 le truppe americane, venendo da su, arrivarono a Pavana e sistemarono quattro carri armati Sherman e alcune tende militari yankee attorno al mulino dei miei nonni dove, in quel tempo, io abitavo. Qualcuno di questi soldati canticchiava una canzone che io, orecchiandola, avevo si fa per dire imparato. I soldati divertiti me la facevano cantare e mi ricompensavano con cioccolato e caramelle. Era una hit di Bing Cosby. A partire da quel lontano inverno del 1944, a poco più di quattro anni d’età, penso di avere iniziato a collezionare canzoni, così come da adolescente i francobolli, e da adulti i Donald Duck di quel genio di Carl Barks”.
“Il primo partito con la fiamma non mi riempie di gioia” – Un passaggio non può che essere dedicato al nuovo governo, il più a destra dal dopoguerra. “A me, che nel simbolo primo partito d’Italia ci sia ancora la fiamma che è la stessa che arde sulla tomba di Mussolini, non mi piace, non mi riempie di gioia. Poi, staremo a vedere cosa faranno. Io ho visto arrivare i carri armati in Italia nel 1944, poi ho visto nascere la Costituzione e la democrazia. Spero che questo spirito continui ad esserci e si possa sempre andare avanti in maniera civile e democratica”, dice.
Le canzoni, da Strehler a Jannacci – Nel disco ci sono la storica ballata popolare “Morti di Reggio Emilia”, le milanesi “El me gatt” e “Ma Mi” (portata al successo da Ornella Vanoni e scritta da Fiorenzo Carpi De Resmini e Giorgio Strehler), “Sei minuti all’alba” di Enzo Jannacci (che l’autore dedicò a suo padre partigiano), il canto epico-lirico “Barun Litrun”, la canzone d’amore “Le nostre domande”, la celebre melodia popolare di tradizione inglese “Green Sleeves”, l’anarchica “Addio a Lugano”, la misteriosa “Nel fosco fin dal secolo” e, infine, le poesie “Tera e Aqua” e “Quella cosa in Lombardia”.