“Che palle, il mondiale senza l’Italia e oltre un mese senza campionato”. Scoramento, noia, nervosismo. Tra i calciofili della redazione (e siamo insospettabilmente più di quanti possiate immaginare) la mancata qualificazione della nazionale di Mancini ha rappresentato una ghigliottina infame su tutti i discorsi da bar sport della settimana. Fedi e colori diversi, ma passione comune per il pallone: le pause pranzo, le mattine del lunedì, le sigarette sul balcone… Niente: senza calcio è tutto dimezzato. Italiani medi? Sarà, ma tant’è. Poi una voce: “Io tifo Marocco“.
E tutto diventa nitido, quasi naturale. “Bello, allora ilfattoquotidiano.it tiferà Marocco”. Il vicedirettore apprezza, un veloce passaggio dal direttore e il giochino è fatto. “Ok, ma come lo spieghiamo ai lettori?”. C’è un lungo elenco di motivi. Quelli personali: l’attaccante della squadra del cuore, il portiere dello stabile, il barbiere di fiducia, il compagno di scuola del figlio. La suggestione di un film di successo. E poi c’è la ragione principale: il Mondiale in Qatar ci fa schifo. E in questo caso la mancata qualificazione dell’Italia non c’entra. Lo sfruttamento e la morte dei lavoratori, gli occhi chiusi sui diritti, l’inquinamento provocato da una folle competizione invernale: tutti temi di cui abbiamo scritto e continueremo a scrivere con ancora più forza durante la competizione.
Oltre la polemica e la politica, tifare Marocco diventa il nostro gesto di pura ribellione calcistica. Chissene se a vincere questa triste Coppa del Mondo sarà l’Argentina, il Brasile o la Francia. A noi piace il pallone, e non c’è nulla di più bello nel pallone di tifare per una squadra sfavorita. Sperare che un gol beffardo possa tradire il canovaccio prestabilito. C’è anche una questione più intimamente giornalistica: questo Mondiale senza l’Italia può diventare l’occasione per svolgere un servizio rivolto alla comunità marocchina, che è presente in Italia dalla fine degli anni ‘80, che è diventata parte del nostro tessuto sociale. È la comunità più numerosa ad avere la propria nazionale in Qatar. In squadra ha uno dei due calciatori italiani presenti nella competizione: si chiama Walid Cheddira, segna a valanga con la maglia del Bari, è nato a Loreto. Basta e avanza. Forza Marocco, lo seguiremo come fossero gli azzurri.
N.B. Oltre al grande apprezzamento per la nostra iniziativa, alcuni lettori hanno evidenziato come il Marocco non sia uno Stato da prendere ad esempio sul tema dei diritti umani, sottolineando in particolar modo la violenta oppressione del popolo Saharawi. Non pensavamo fosse necessario, ma alla luce di ciò vogliamo qui specificare che il nostro sostegno riguarda esclusivamente la nazionale di calcio del Marocco, non di certo i suoi governanti. Un conto è tifare una squadra, cosa diversa è sostenere uno Stato che organizza una competizione, come il Qatar. Non a caso abbiamo scritto che si tratta di un gesto di “pura ribellione calcistica”. Abbiamo anche spiegato che, oltre a tifare Marocco, vogliamo cogliere l’occasione per svolgere un servizio giornalistico diverso dagli altri: per questo motivo abbiamo in preparazione diversi articoli, uno di questi proprio per raccontare a più persone possibili i diritti negati al popolo saharawi (leggi).