Con orgoglio e fierezza, la Città del Leone, ha aperto le celebrazioni per “Brescia Bergamo Capitali della Cultura 2023”. Un progetto partito da lontano, interrotto poi dalla pandemia, che ha indotto con generosità ad aggiungere Bergamo, la città più colpita e che con grande senso civico e di vicinanza, ha spinto tutte le altre concorrenti italiane a ritirarsi.
Una sontuosa mostra, curata da Matteo Ferrari, ben allestita, colta ma anche didascalica, che racconta, come in un lungo nastro cinematografico, le vicende di Brescia dal XII Sec. alle Signorie e all’interpretazione ottocentesca del mito medievale. Brescia è anche Brixia, questo era il nome latino della Brescia romana; un’area perfettamente valorizzata e di fianco al Museo di Santa Giulia, certamente uno dei più ben organizzati ed innovativi d’Italia.
Sia il Museo che la citata area archeologica sono patrimonio Unesco e questo è stato un altro fattore di attrazione per la “città del Leone”, assonante con il Leone di San Marco, nel suo stemma infatti c’è un leone rampante.
Occorre ricordare che nel 1427 diventò suddita di Venezia, e Città del Leone, non Leonessa, come tutti noi nei ricordi scolastici, tendiamo ad appellare, per via dell’ode di Carducci sul martirio ma anche sulla Vittoria nelle Dieci Giornate. Il Poeta interpreta il valore della città concludendo: “Lieta del Fato, Brescia, raccolsemi, Brescia la forte, Brescia la ferrea, Brescia leonessa, beverata nel sangue nemico” .
E così la “statua della Vittoria”, così venne chiamata subito dopo un imponente ritrovamento nell’area romana, in bronzo e risalente al I° sec d. c., che fu accolta con grande giubilo dai Bresciani, come lo furono i Bronzi di Riace e recentemente le sculturine di San Casciano dei Bagni. La statua, in trenta parti fuse, è un insieme di forza e delicatezza proprio come la Brixia di ieri e la Brescia di oggi. Già allora nel 1826, i bresciani tutti, dai più facoltosi ai meno abbienti, parteciparono al restauro con entusiasmo e la custodirono dalle brame di Napoleone, che se ne ne innamorò follemente ma non riuscendo ad impossessarsene, se ne fece fare un copia conservata ancor oggi al Louvre.
La stessa generosità ed entusiasmo che “la città del Tondino”, ma si offendono a sentirla definire così, i suoi abitanti ed imprenditori, hanno dimostrato. I titolari delle 30 acciaierie, sempre attive nel territorio bresciano e che hanno dato un concreto, fattivo contributo alla rinascita culturale della città.
Mi raccontano Stefano Karadiov e Francesca Bazoli, rispettivamente direttore e presidente della Fondazione Brescia Musei, che i loro amici imprenditori nelle missioni all’estero, prima ancora di promuovere il Tondino, promuovevano la città d’arte, invitando i loro clienti sparsi in tutto il mondo, a visitare la città. Nelle valigette erano carichi di libri sulla Brescia romana e medievale e questo ha certamente portato dei risultati: ho notato un incredibile numero di stranieri nel Capitolium, complice un ottimo e suggestivo restauro archeologico, segnaletica, luci e percorsi anche per disabili e perfettamente identificabili.
Quello che colpisce è per l’appunto l’amore e l’orgoglio della città, comunicatami con gioia e forza dal direttore che più volte ha fatto riferimento al fatto che il “suo” Museo deve essere scientificamente ineccepibile ma anche attrattivo e glamour! Musica per le mie orecchie, chi mi segue sa quanto io detesti l’idea dei luoghi di cultura polverosi, ammuffiti e tristi, cioè quelli che piacciono tanto ai “talebani” della cultura, definizione da me coniata diversi anni fa.
Tutta la città risponde a questi criteri con le strade perfette, i marciapiedi puliti ed entrambi complanari, senza il minimo dissesto, gli edifici ben restaurati anche nelle facciate, con interventi precedenti ai vari bonus, le chiese che celebrano in latino, con canti gregoriani, altra musica per le mie orecchie.
Una giornata a Brescia è immergersi nell’Italia più bella, civile, orgogliosa e per un sano ristoro conviene fare un viaggio per la interessantissima mostra, aperta fino a fine gennaio 2023, col titolo “La città del Leone. Brescia nell’eta dei comuni e delle signorie”. Un solo appunto a direttore, Presidente Fondazione e Sindaco, perché non tenerla aperta per tutto il 2023, l’anno della nomina?
Dimenticavo: l’immagine simbolo della Mostra, che vanta numerosissimi prestatori, è quella sublime della Madonna dell’Umiltà di Gentile da Fabriano, che realizzò nel 1414 gli affreschi del Broletto ed è la depositaria di una universale ‘Bellezza’.