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Quando si pensa alle convocazioni per i mondiali di calcio, ci si immagina che tutto avvenga in maniera più o meno privata: comunicazioni riservate, telefonate tra allenatore e singolo giocatore, lettera della federazione, tutto protetto da un’area di inaccessibilità che accompagna il patinato mondo del pallone a certi livelli. E invece c’è un divano. Grigio topo. Tre amici guardano con estrema attenzione la tv, come se fosse una partita. In diretta c’è il tecnico che legge la lista di chi vestirà la maglia della nazionale. “Walid Cheddira“, con l’accento sulla “a”, alla francese. Esultanza e coriandoli, come per uno dei tanti gol fatti in questa stagione con la maglia del Bari. E abbracci, perché uno dei quattro telespettatori (il quarto è Michael Folorunsho, centrocampista biancorosso) ha appena coronato il sogno di una vita: vestirà la maglia del Marocco ai mondiali di calcio in Qatar. Tutto immortalato in un video che ha fatto il giro del web e che racconta tutta la semplicità di questo ragazzo di 24 anni nato a Loreto. Altro che fuoriserie e jet privati. Anche per questo motivo il canonico “lei” del giornalistese è ridondante.
Sei uno dei due giocatori italiani ai mondiali in Qatar: che effetto fa?
Emozione unica, onore grandissimo. Sembra una frase fatta, ma è il sogno di ogni bambino che sogna di giocare a calcio.
Quel bambino è diventato grande: ora è a tutti gli effetti l’ambasciatore di due popoli.
È un grande piacere riuscire a racchiudere e rappresentare due grandissimi e bellissime culture, due bellissimi popoli. Far sì che tutto questo si unisca è veramente molto bello.
Come nasce la storia della famiglia Cheddira in Italia?
Mio padre è stato il primo ad arrivare. Venne per un viaggio, dopo l’università. Poi tornò in Marocco, ma presto decise di rientrare in Italia e di stabilirsi qui. E così fece: tornò, si mise a cercare lavoro, lo trovò in poco tempo. Poi venne mia madre. E da lì è partita la nostra vita di famiglia.
Che tipo di rapporto hai con il Paese d’origine dei tuoi genitori?
Vado molto spesso in Marocco. I miei genitori vanno a trovare i loro fratelli e io li accompagno appena posso. L’estate scorsa, ad esempio, ho passato lì le mie vacanze. Il legame affettivo e culturale è molto forte.
Cosa accomuna italiani e marocchini?
Sono due popoli molto altruisti, disponibili. Entrambi hanno il dono dell’accoglienza.
Come mai non hai aspettato la convocazione della Nazionale italiana?
Appena ha chiamato il Marocco non ho esitato: mi hanno dato subito fiducia e io per cultura personale cerco sempre di ricambiare chi mi dà fiducia. Ho accettato, senza nessun tipo di indugio o di calcolo.
A proposito di fiducia: a Bari sei un beniamino, al netto dei tanti gol fatti e del campionato di vertice.
Il rapporto con i baresi è fantastico, ti danno il massimo del loro calore e cercano sempre di farti star bene.
Come sei stato accolto dai calciatori della nazionale?
Ho legato molto con Sabiri (il calciatore della Sampdoria, ndr), anche perché siamo quasi coetanei. Anche con Amrabat ottimo rapporto, ma più con Sabiri anche perché siamo entrambi esordienti in nazionale. E comunque tutto il gruppo è ottimo, tutte brave persone, molto disponibili.
Quanto è importante per i tantissimi marocchini in Italia poter tifare per la loro nazionale ai mondiali e avere un rappresentante come te, nato qui ma legato alla tua terra?
È solo un motivo di orgoglio, non è un peso né mi mette ansia. Anzi, è molto bello che facciano il tifo anche per un ragazzo come me, con cui magari hanno tante cose in comune.
Un messaggio ai tifosi marocchini in Italia?
È un onore rappresentarli in una competizione così importante, darò il massimo per loro e anche per i giovani calciatori che aspirano a un traguardo del genere. Non devono mollare mai perché il lavoro alla fine paga sempre.
Ilfattoquotidiano.it tiferà Marocco.
Iniziativa bellissima, mi fa molto piacere. E vi ringrazio.