Ergastolo e un anno di isolamento diurno. Questo il verdetto per Benno Neumair, il 31enne bolzanino che il 4 gennaio 2021 uccise i genitori, Peter Neumair e Laura Perselli, entrambi insegnanti in pensione, per poi gettarne i corpi nel fiume Adige. La Corte d’assise ha accolto le richieste dell’accusa, condannando l’imputato al fine pena mai come richiesto dai pm Federica Iovene e Igor Secco. Per il reato di soppressione di cadavere, cioè per avere gettato i corpi dei genitori uccisi nel corso d’acqua, Neumair è stato condannato a 3 anni di reclusione. La pena finale è quindi ergastolo con un anno di isolamento diurno e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
L’avvocato difensore di Neumair, Flavio Moccia, aveva chiesto le attenuanti generiche sostenendo che la richiesta di ergastolo formulata dalla Procura è “una condanna a morte. Ciò che la legge prevede per i terroristi, per i criminali che non si fermano davanti a niente e nessuno. Benno merita questo? Sta a voi decidere”, ha detto il legale rivolto alla Corte. “Il compito della pena è la riabilitazione. La severità della pena da sola è inutile”, ha proseguito Moccia. Secondo il legale “l’ergastolo è contrario al vero scopo della pena, che, secondo la Costituzione, deve servire per la riabilitazione”.
Neumair confessò di aver ucciso i genitori strangolandoli con una corda – prima il padre e poi la madre, rientrata successivamente nell’abitazione di famiglia a Bolzano – dopo il ritrovamento del corpo della madre Laura, avvenuto successivamente rispetto a quello del padre Peter. Secondo la confessione fu proprio la discussione con il padre a degenerare in un litigio poi sfociato nel primo dei due omicidi.
Dopo i delitti Benno mise in atto numerosi tentativi di depistaggio. Ad esempio chiese alla giovane di Ora che frequentava in quel periodo di raccontare, se interrogata dagli inquirenti, che la sera del delitto erano assieme e avevano fumato marijuana. Benno andò anche a lavare l’auto, ma venne fermato prima dai carabinieri. In carcere, è emerso nel corso del processo, Benno ha anche aggredito un altro detenuto ricevendo una sanzione disciplinare e durante l’udienza in cui venne ascoltato in Corte d’assise venne ripreso più volte dal giudice per il suo atteggiamento, ritenuto indisponente.
L’accusa – che ritiene i delitti siano stati commessi “con piena coscienza e volontà” – ha sostenuto che la confessione sarebbe “tardiva ed utilitaristica”, proprio perché arrivata dopo il ritrovamento del corpo della madre. “Benno soffre di un disturbo della personalità. Non soffre perché non si pente. E non ha sofferto quando ha messo in scena il suo spettacolo qui davanti a voi. Non è che la sua malattia gli abbia reso impossibile chiedere perdono a sua sorella qui in aula o almeno dirle una semplice parola di scuse. Nulla gli avrebbe impedito di parlare con uno psichiatra in prigione”, ha detto il pm Secco nella sua arringa conclusiva. “Questa non è una vittoria. Non è un traguardo. Penso che la giuria abbia deciso quello che in questo momento è sembrato giusto. Penso che sia giusto. Non so se lo perdonerò, è una domanda così difficile che non ci sto pensando. Non sto pensando a lui in questo momento ma alla mamma e al papà”, ha detto Madè Neumair, la sorella di Benno, dopo la lettura della sentenza.